Probabilmente sta pagando i due anni di ritardo, periodo nel quale regolamenti comunali a macchia di leopardo hanno “fatto a pezzi” le normative in materia di gioco. Stiamo parlando della proposta di riforma del gioco, presentata dal Governo agli Enti Locali e che ieri ha subito un inatteso stop. Due anni fa fu bloccata la delega fiscale con la quale il sottosegretario Baretta intendeva riformare il settore del gioco. In questi 24 mesi molti comuni hanno deciso di adottare normative locali che in alcuni casi hanno sfiorato il proibizionismo. Dopo una trattativa di oltre un anno, sembrava che l’11 maggio fosse la data per la definizione condivisa dell’accordo. E invece è venuta fuori una posizione radicale da parte dell’assessore regionale al Territorio, Urbanistica, Difesa del suolo e Città metropolitana della Lombardia Viviana Beccalossi, spalleggiata da altre regioni. Ecco il perché di questa presa di posizione in un’esclusiva intervista rilasciata dalla Beccalossi al direttore di Agimeg Fabio Felici.
Baretta ha dato a lei tutte le colpe del mancato accordo, parlando di strumentalizzazione politica.
Bisogna innanzitutto capire se si tratta di una colpa o di un merito. Personalmente propendo per il merito visto che l’accordo conteneva dei punti assolutamente inaccettabili. Nell’incontro tecnico di ieri, proposto dal ministro Costa, abbiamo voluto sottolineare le tante criticità che contiene la proposta del Governo. La parola strumentalizzazione mi spiace arrivi da una persona intelligente e con un importante passato da sindacalista quale Pier Paolo Baretta. Per me la sua è solo una strategia per spostare l’attenzione sui veri problemi che il sottosegretario ha all’interno della sua corrente politica. Additare la Regione Lombardia come la colpevole del mancato o ritardato accordo è anche sbagliato, visto che prima di noi avevano espresso fortissime perplessità anche l’assessore della Basilicata, attento soprattutto alle criticità di tipo sanitario, l’Umbria, la Liguria ed il Veneto, che hanno dichiarato di essere assolutamente allineati alla nostra regione, la provincia autonoma di Bolzano, che ha dichiarato di non accettare ingerenze sulla loro libertà di scelte in materia di gioco, ma soprattutto la Puglia che, attraverso il Governatore Emiliano da me sentito personalmente, ha manifestato l’intenzione di votare contro il provvedimento. Da questo si evince che a Baretta ha dato fastidio che alcuni suoi colleghi del Pd abbiano un’idea differente dalla sua. Per questo il sottosegretario farebbe bene a mettere d’accordo i suoi più che attaccare la Lombardia. Perché ad esempio non telefona ad Emiliano?
Quale proposta dovrebbe accettare il Governo per arrivare ad un accordo?
Prima di tutto si dovrebbero raddoppiare le distanze. Nella proposta del Governo si parla della facoltà dei comuni di imporre 150 metri dai luoghi sensibili. Noi puntiamo non solo a raddoppiare a 300 metri le distanze, ma anche che le stesse rappresentino un obbligo e non una facoltà per i comuni. Inoltre, tornando ai luoghi sensibili, gli stessi non si possono limitare solo a chiese, scuole e SerT. Dovrebbero essere inseriti anche altri luoghi come i centri anziani o centri di aggregazione giovanili. E poi ci vuole una definizione precisa di cosa si intenda per scuole. Per noi in Lombardia intendiamo dagli asili all’università, ma forse non è così per tutti. Inoltre, c’è da capire bene la contraddizione che caratterizza l’intervento del Governo in materia di Awp. Da una parte si dice di tagliarle del 30%, dall’altra che dalla manovra ci si attendono entrate per 500 milioni di euro. Insomma si riducono le macchine e ci si aspettano più entrate? Sembra il gioco delle tre carte per nascondere l’incapacità di trovare una soluzione ragionata.
Lei pensa che il gioco andrebbe proibito in assoluto?
Io ho molte perplessità verso uno Stato che usa le persone fragili come bancomat. Si parla infatti di tanti interventi ma poi in cima a tutti gli interessi ci sono le entrate erariali. Secondo me bisogna uscire da questa visione finanziaria del problema e lavorare affinché gli stessi soldi, circa 10 miliardi di euro l’anno, arrivino attraverso altri interventi come ad esempio un taglio degli sprechi. Bisogna dire che su questa questione il sottosegretario Baretta è sempre stato coerente. Ci ha chiesto infatti di fare qualsiasi tipo di proposta in materia di gioco, basta che alla fine non ci fosse una diminuzione degli introiti erariali. Diciamo comunque che non mi strapperei i capelli se il gioco fosse vietato.
Secondo lei qual è la parte pericolosa del gioco?
Sono principalmente due i giochi che possono produrre rischi di dipendenza per le persone: Gratta e Vinci ed Awp. Oggi c’è un’offerta troppo ampia rispetto al passato. Fino a qualche tempo fa esistevano solo quattro casinò in Italia, mentre oggi ci sono mini casinò in tutte le principali città. Prima l’offerta del Gratta e Vinci era limitata oggi se ne trovano di tantissimi tipi e costi e proposti in troppi esercizi commerciali. Tornando ai casinò, ai residenti delle città dove sono presenti è impedito l’accesso. Perché allora dove c’è un mini casinò non si può fare la stessa cosa? Inoltre, bisognerebbe togliere le Awp da tutti i bar e tabacchi, locali dove hanno accesso anche i minori. Si tratta di una misura che potrebbe limitare l’impatto della ludopatia che ricordo oggi colpisce o potrebbe colpire circa 700 mila persone. Insomma non mi piace uno Stato biscazziere, che getta fumo negli occhi con interventi limitati e che ha come unico vero interesse quello di far cassa.
ff/AGIMEG