Banca d’Italia, allo studio un antiriclaggio “più leggero”: si rischiano troppe segnalazioni con la voluntary disclosure

Collaborazione volontaria con procedure ad hoc sull’antiriciclaggio. L’Unità di informazione finanziaria (Uif) starebbe preparando un iter per evitare che le banche si trovino obbligate a segnalare come operazioni sospette qualunque trasferimento sui conti dei propri clienti italiani che hanno predisposto la procedura di voluntary disclosure. Gli obblighi antiriciclaggio restano intatti ai fini delle regole sul rimpatrio dei capitali. Ma esiste anche il rischio che la Banca d’Italia si trovi, per questo motivo, inondata di segnalazioni di operazioni sospette correlate alla voluntary disclosure. Per questa ragione – si legge su Italia Oggi – si stanno studiando delle regole che evitino un surplus di segnalazioni che, di fronte all’attuazione della collaborazione volontaria, dovranno essere archiviate. E sul rimpatrio dei capitali un ruolo, più forte di qualunque valutazione di convenienza, lo stanno giocando le banche internazionali. Gli istituti stranieri stanno contattando i proprio clienti italiani e tutte, con una procedura uniforme, informano del blocco del conto corrente in attesa degli sviluppi sulla voluntary disclosure. Alla base della scelta, più che lo spauracchio dello scambio di informazioni Ocse, fa pressione l’introduzione del reato di autoriciclaggio e il rischio, per gli istituti, di essere chiamati come corresponsabili nel reato anche per una sola movimentazione del conto. Quindi il correntista si trova di fronte a una scelta obbligata: aderire. Ma non solo. Dopo l’avvio della procedura di rimpatrio di capitali, il correntista dovrà inoltrare la domanda predisposta non solo all’Agenzia delle entrate ma anche alla filiale dove ha il proprio conto come «salvacondotto» e impegno del perfezionamento e della ripulitura dei propri patrimoni. Se il correntista non è allettato e non giudica conveniente il risultato del rimpatrio la banca non gli dà molte alternative, preparerà un assegno con la provvista sul conto con l’unica possibilità di incasso nel paese di residenza, in pratica una vera e propria autodenuncia. Un altro percorso che le banche stanno studiando, assieme alle fiduciarie – si legge – è quello di far aprire ai correntisti un conto parallelo su cui far pervenire, dall’Italia, una provvista in chiaro (cioè già dichiarata al fisco) con cui pagare la banca e l’intermediario per la consulenza e la pratica di voluntary disclosure e la gestione affidata alla fiduciaria del patrimonio emerso. Una riedizione del rimpatrio giuridico messo a punto nelle precedenti edizioni dello scudo fiscale ma con il conto in chiaro e non segretato. lp/AGIMEG