“In una fase di crisi è aumentata l’attenzione perchè le imprese erano in difficoltà. Abbiamo messo insieme un sistema con le altre forze di polizia. E’ stato istituito un’Osservatorio sui rischi di infiltrazione nell’economia legale da parte della criminalità organizzata presso il Ministero dell’Interno. Abbiamo fatto squadra e ha funzionato. La pluralità delle forze di polizia non è una inefficienza, ma un valore aggiunto. Nel periodo di crisi c’è stato uno sviluppo del gioco illegale. Nel lockdown c’è stato un blocco della raccolta fisica che ha determinato un incremento della raccolta online. Non tutta la popolazione è abituata al gioco online e ha dimestichezza con internet. La domanda di gioco è per natura anaelastica. Il giocatore, soprattutto quello patologico, ha bisogno di giocare e allora se non aveva la possibilità di raccolta fisica e non aveva dimestichezza con il mezzo informatico cercava raccolte illegali. Questo lo abbiamo immaginato e abbiamo concentrato la nostra attenzione su determinate aree. Abbiamo anche una mappatura socioeconomica a disposizione dei nostri reparti. Abbiamo oltre 100 indicatori economici, sociali, criminogeni. Tutti dati certificati che interrelati possono restituire molte informazioni. Il grado di cultura di un territorio è rilevante in relazione ad una serie di possibili rischi, come la scarsa dimestichezza con il gioco online e un rischio maggiore di ricorso il gioco illegale. Per il gioco illegale ci sono investimenti fatti un po’ in tutta Italia”. E’ quanto ha detto in audizione il Capo del III Reparto operazioni del Comando generale del Corpo della Guardia di finanza, Giuseppe Arbore, nella Commissione parlamentare di inchiesta sul gioco illegale e sulle disfunzioni del gioco pubblico al Senato.
“La propensione al gioco è variamente distribuita sul nostro territorio. Esiste una correlazione tra raccolta gioco e PIL. Quando dai dati emerge un rapporto raccolta-gioco-PIL non coerente rispetto alla media nazionale c’è un problema da approfondire: può esserci riciclaggio. Cosa si può fare di più? Banche dati come questa, l’interoperatività delle banche dati, l’applicazione dell’intelligenza artificiale che ci consente di ottimizzare l’impiego di risorse. Stiamo già lavorando con l’intelligenza artificiale. Al vaglio del Garante della privacy c’è un nostro progetto di applicazione dell’intelligenza artificiale costituito con ricercatori dell’Enaudi Massachusetts per cercare di individuare casi di commissione dei reati tributari”, ha aggiunto.
“Per i minori c’è un problema culturale e quello della identificazione dell’identità digitale. Il minore oggi ha accesso tranquillamente ad internet anche simulando un’identità diversa da quella di un minorenne. Può esserci un controllo sociale e della famiglia, ma è comunque continuamente esposto. La comunità internazionale delle muoversi verso una univoca identità digitale così da muoverci nel territorio virtuale come in quello fisico. Con la pandemia è diminuito il numero di imprese che gestiscono il gioco. Il gioco online non ha sofferto”, ha concluso. cdn/AGIMEG