Scommesse illegali e riciclaggio di denaro nei paradisi fiscali, 72 persone rischiano di finire a giudizio. Così si è chiusa l’indagine della Dda di Salerno sul business gestito da un gruppo di persone, oltre 50 rispondono di associazione a delinquere di stampo mafioso, basato su un giro miliardario di scommesse illegali, con ramificazioni anche all’estero. Le accuse sono di riciclaggio, intestazione fittizia di beni, reimpiego di denaro sporco in attività economiche ed autor¡ciclaggio. Gli indagati hanno residenza nell’Agro nocerino, Valle dell’Imo, Salerno, nel napoletano e in diverse regioni d’Italia.
I fatti in luce vanno dal 2013 al 2019. Sullo sfondo c’era una vera e propria holding del gaming online associata alla rete dbgpoker, non autorizzata in Italia. I giochi erano raggiungibili anche attraverso slot e totem illegali installati nelle località del sud Italia.
Il business si basava su una piattaforma informatica realizzata nel 2000 da uno degli indagati. I server, coordinati da Mercato San Severino, erano stati dislocati nei paradisi fiscali, come Panama e l’isola di Curacao. I vertici dell’associazione avevano anche il compito di consentire giochi e scommesse illecite sulla piattaforma, acquisendo poi i proventi mediante raccolta fisica del denaro contante dei partecipanti. Tutto avveniva mediante transazioni finanziarie non tracciabili. Il sistema piramidale aveva alla sua base il giocatore, che finanziava l’attività. Il vertice vendeva ai vari livelli gestionali crediti virtuali che, poi, diventavano reali grazie alle giocate online o ai totem fisici illegali, scollegati dalla rete dei Monopoli, dei giocatori finali. Gli introiti stimati furono quantificati, in due anni, in oltre 5 miliardi di euro e, qualora i giochi fossero stati svolti in forma lecita, l’Erario avrebbe incassato circa 500 milioni – riporta Il Mattino.
Undici furono i siti web sequestrati, insieme a due società e a 3 milioni di euro nei confronti di uno degli indagati e di altri soggetti, ritenuti prestanome.
Per molti c’è inoltre l’aggravante mafiosa, in quanto vi sarebbe stata la “consapevole fornitura” della piattaforma di gioco illegale a soggetti contigui a clan di camorra che, sulla base delle risultanze, ne avrebbero così alimentato le casse. cdn/AGIMEG