Scommesse, Cassazione annulla ordinanza sequestro ctd Teramo: “I beni oggetto della cessione forzosa non onerosa sono liberi da diritti e pretese di terzi”

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Teramo relativo ad alcune attrezzature strumentali, di proprietà di un ctd collegato a un bookmaker estero, e utilizzate per la raccolta di scommesse sportive o su altri eventi. In particolare, a seguito di un controllo effettuato dalla Tenenza di Roseto della Guardia di Finanza presso l’esercizio, era emerso che il titolare non risultava in possesso dell’autorizzazione di polizia prevista dall’art. 88 del T.U.L.P.S., regolarmente richiesta e, tuttavia, non concessa dalla Questura di Teramo. Il ricorrente era ricorso per cassazione rilevando, preliminarmente, che il bookmaker è munito di licenza e autorizzazione nello Stato in cui ha sede legale e che sussisterebbero, ancora oggi, ostacoli alla partecipazione alle gare indette dall’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, contenendo le ultime procedure di gara gli stessi limiti e vincoli già censurati dagli organi giudiziari nazionali e comunitari. Più in generale viene censurata la circostanza che il nuovo bando avesse stabilito il rilascio di concessioni di durata limitata a soli tre anni e mezzo, a fronte della possibilità, per i vecchi concessionari in scadenza al 30 giugno 2012, di proseguire la attività sino alla data di sottoscrizione delle convenzioni accessive alle nuove concessioni aggiudicande. La parte ricorrente lamenta che la più ridotta durata avrebbe prodotto, ancora una volta, degli effetti discriminatori, posto che i “nuovi entrati” non sarebbero in grado, in un lasso di tempo così breve, di ammortizzare i costi e gli investimenti sostenuti a fronte degli altri concorrenti, i quali, da numerosi anni, avrebbero acquisito le posizioni migliori e più consolidate. Per la Cassazione il ricorso è solo parzialmente fondato e deve, dunque, essere accolto per quanto di ragione. “L’ordinanza della Corte di Giustizia UE ha ritenuto che, nello specifico settore dei giochi d’azzardo, le autorità nazionali dispongono di un ampio potere discrezionale per stabilire quali siano le esigenze che la tutela del consumatore e dell’ordine sociale comporta e che, a condizione che siano inoltre rispettati i requisiti stabiliti dalla giurisprudenza della Corte, spetta a ciascuno Stato membro decidere. Di qui, dunque, la conclusione che, in tale peculiare contesto, il riordino del sistema delle concessioni attraverso un allineamento temporale delle scadenze può, in virtù della previsione di una durata delle nuove concessioni più breve rispetto a quella delle concessioni rilasciate in passato, contribuire ad un coerente perseguimento dei legittimi obiettivi della riduzione delle occasioni di gioco o della lotta contro la criminalità collegata a detti giochi e può, altresì, soddisfare i requisiti di proporzionalità imposti”. Per i supremi giudici è invece  “suscettibile di sussistere, sul piano dei principi (spettando al giudice del merito, come meglio si chiarirà oltre, valutare, con riguardo al singolo caso sottoposto al suo esame, il contrasto in concreto), l’incompatibilità con gli artt. 49 e 56 TFUE della previsione in virtù della quale si è imposta, forzosamente, al concessionario la cessione dei beni, essendo tale disposizione suscettibile di fungere da deterrente alla partecipazione alle gare in termini tali da rappresentare una restrizione al diritto di stabilimento e/o di libera prestazione di servizi. Gli artt. 49 e 56 TFUE devono essere interpretati nel senso che gli stessi ostano ad una disposizione nazionale restrittiva la quale impone al concessionario di giochi d’azzardo di cedere a titolo non oneroso, all’atto della cessazione dell’attività per scadenza del termine della concessione, l’uso dei beni materiali e immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco, qualora detta restrizione ecceda quanto è necessario al conseguimento dell’obiettivo effettivamente perseguito da tale disposizione, spettando al giudice del rinvio “nazionale” la verifica in ordine alla effettiva eccedenza o meno di detta restrizione. In particolare, non dovrà trascurarsi di considerare che i beni oggetto della previsione di cessione non onerosa più volte menzionata, sono espressamente indicati dall’art. 25, comma 1 cit., come i “beni materiali e immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco, liberi da diritti e pretese di terzi””. Per questi motivi ne consegue che l’ordinanza impugnata “deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Teramo che, sulla base di quanto sin qui esposto, procederà a nuovo esame con l’esercizio dei poteri riconosciutigli per legge nella fase dell’impugnazione cautelare e, dunque, potendo sempre utilizzare e valutare, oltre che la documentazione e gli accertamenti tecnici sul punto già in atti, anche ulteriori elaborati tecnici sempre producibili dalle parti”. lp/AGIMEG