Come riportato da AGIMEG in data 12 febbraio 2020, con riferimento al mese di gennaio, il gioco mediante apparecchi VLT ha registrato, rispetto all’analogo mese del 2019, un calo della raccolta media – e quindi anche delle entrate erariali – tra il 25% e il 35%. Sempre secondo AGIMEG, la riduzione, in termini di entrate erariali assolute, era stimata intorno ai 50 milioni di euro per il solo mese di gennaio (il COVID ha poi fatto il resto).
Un’analisi delle ragioni di tale “crollo” porta a riferirlo, principalmente, all’introduzione, dal 1 gennaio 2020, dell’obbligo di utilizzo della tessera sanitaria per l’attivazione degli apparecchi.
A gennaio 2020, per la verità, è stato anche innalzato il prelievo sulle vincite da VLT, fissandole in misura pari al 20% per la quota delle vincite eccedente il valore di euro 200. Tuttavia, tale misura è partita con decorrenza 15 gennaio 2020 e si ritiene possa aver inciso in modo modesto sulla caduta del gioco.
Il trend di febbraio, quando ancora non erano state disposte chiusure per effetto della pandemia, ha confermato i dati di gennaio.
L’effetto “riduzione” che la tessera sanitaria ha provocato per il gioco mediante VLT può farsi risalire, presumibilmente, a due fattori: il primo, la ritrosia dei giocatori a farsi identificare, pure alla luce del fatto che la tessera sanitaria, in realtà, non è in grado di memorizzare alcun dato riferito né alle giocate né ai giocatori. Il secondo, derivante dalla scelta del legislatore di prevedere esclusivamente ed obbligatoriamente l’utilizzo della “tessera sanitaria” (anziché anche di “altri documenti” o “tessere”), che, per esempio, non è in possesso di non residenti (turisti o stranieri che per qualunque ragione dimorano, per un tempo più o meno breve, in Italia) o, alcune volte, risulta scaduta, smarrita o non funzionante.
L’obbligo della tessera sanitaria, disposto come noto dal “Decreto Dignità” (art. 9-quater del D.L. 12 luglio 2018, n.87, convertito dalla legge 9 agosto 2018, n. 96), è previsto, come recita espressamente la norma, “al fine di impedire l’accesso ai giochi da parte dei minori”. A tal proposito, si segnala che, come noto a tutti, le VLT sono collocate esclusivamente in locali nei quali l’accesso dei minori è precluso, indipendentemente dalle operazioni di gioco.
Infatti, l’art. 7, co. 8 del D.L. n. 158/2012 prevede il divieto ai minori di anni diciotto dell’ingresso “nelle aree destinate al gioco con vincite in denaro interne alle sale bingo, nonché nelle aree ovvero nelle sale in cui sono installati i videoterminali di cui all’articolo 110, comma 6, lettera b), del testo unico di cui al regio decreto n. 773 del 1931, e nei punti di vendita in cui si esercita come attività principale quella di scommesse su eventi sportivi, anche ippici, e non sportivi.”.
Da questo punto di vista, quindi, l’introduzione dell’obbligo della tessera sanitaria nelle VLT appare del tutto superfluo, anche laddove si faccia riferimento all’eventualità del mancato rispetto del divieto di ingresso nelle predette sale.
In primo luogo, perché ove gestori inaffidabili consentissero, in violazione delle norme, l’ingresso nelle sale da parte di minori, è ragionevole pensare che gli stessi non avrebbero remore a farli giocare, in un modo o nell’altro, con gli apparecchi; in secondo luogo, perché non può essere prevista una disposizione così cogente sul presupposto che la legge possa essere violata (per queste fattispecie devono essere previsti controlli e sanzioni, anche per evitare di penalizzare e criminalizzare coloro che rispettano le norme); in terzo luogo, perché per l’ingresso dei minori nelle sale è prevista anche la chiusura dell’esercizio, quindi una sanzione molto pesante, sufficiente a garantire un elevato tasso di dissuasione.
Si tratta, quindi, di una misura, al tempo stesso, inutile e costosa, sia per l’Erario sia per la filiera e oggettivamente “sproporzionata” rispetto all’obiettivo dichiarato (“impedire l’accesso ai giochi da parte dei minori”).
Ci si chiede, quindi, perché il legislatore ha ritenuto di dover introdurre l’obbligo della tessera sanitaria anche per gli apparecchi VLT.
In proposito, non è sufficiente risalire al “clima” in cui sono nate le norme contenute nel citato “Decreto dignità” (che, non a caso, ha introdotto il divieto di pubblicità dei giochi e la formula di avvertimento «Questo gioco nuoce alla salute» sui Gratta e Vinci, tanto errata nei contenuti quanto “demagogica” e sostanzialmente inutile), ma vale la pena richiamare il dibattito, che di tanto in tanto si alimenta, sulla introduzione della c.d. “tessera del giocatore” (di cui quella sanitaria per il gioco alle VLT è una derivata e di cui, forse, vorrebbe essere una anticipazione).
In argomento, non vi è uniformità di vedute. In alcuni casi, infatti, si pensa alla “tessera” quale strumento per l’identificazione del giocatore e il “tracciamento” degli acquisti di prodotti da gioco, in altri ancora per impedire il gioco ai minori, in altri ancora l’obiettivo è di natura sanitaria, per salvaguardare i giocatori affetti da patologie dipendenti da gioco. Al riguardo, sono necessarie alcune precisazioni.
L’introduzione di una tessera che dimostri la maggiore età del giocatore non ha alcuna utilità per i giochi che si svolgono in locali dove l’accesso dei minori è precluso (Sale bingo, Sale Scommesse, Sale VLT) – dove il controllo deve e può avvenire, anche con strumentazione tecnica più o meno sofisticata, all’ingresso delle sale (come già accade nelle principali case da gioco, ivi comprese quelle site nel territorio dello Stato) – ed avrebbe scarsa utilità per i giochi che possono essere fruiti soltanto previo intervento di una persona fisica (ad esempio, Lotto, SuperEnalotto, Scommesse nei corner), considerato che è già previsto l’obbligo per il gestore di controllare la maggiore età del giocatore e, nei casi di dubbio, di richiedere il documento di identità al giocatore (art. 7, co. 8, del D.L. n. 158/2012, convertito dalla legge n. 189/2012: “…il titolare dell’esercizio commerciale, del locale ovvero del punto di offerta del gioco con vincite in denaro identifica i minori di età mediante richiesta di esibizione di un documento di identità, tranne nei casi in cui la maggiore età sia manifesta”), pena la chiusura dell’esercizio e l’applicazione di pesanti sanzioni pecuniarie.
L’introduzione di una tessera o altro documento con funzioni di verifica della maggiore età del giocatore può ragionevolmente riguardare il gioco che si svolge in locali aperti anche ai minori, senza intermediazione umana, come ad esempio quello con le AWP, i distributori automatici che erogano tagliandi di lotterie oppure, in generale, apparecchi che consentono l’accesso al gioco esclusivamente in modo automatizzato.
L’esperienza delle VLT (anche se i dati disponibili si fermano ai già citati mesi di gennaio e febbraio 2020, in quanto l’avvento del COVID e le misure prese dal Governo hanno comportato una drastica riduzione della raccolta e dell’erario, che ha “assorbito” le perdite che si sarebbero registrate nel comparto VLT) insegna che una scelta di questo tipo, pur da tempo evocata, porterebbe inevitabilmente con sé la necessità di prevedere una riduzione del gioco e delle entrate, con la relativa copertura finanziaria.
Cosa assai diversa, in termini di impatti sociali, economici e giuridici (nonché filosofici), sarebbe l’introduzione di un sistema di tracciamento in grado di memorizzare le giocate effettuate da ogni singolo cittadino, anche o solo al fine di impedire il gioco ai soggetti affetti da patologie legate al gioco.
Questa ipotesi – ove si pensi alla possibilità di una visione “centralizzata”, da parte cioè di organi di Governo – presupporrebbe la realizzazione di una rete unica per l’intero palinsesto dei giochi in cui andrebbero memorizzate tutti gli acquisti di prodotti da gioco effettuati da ciascuna persona (compresi i non residenti?), secondo un’opzione “grande fratello” di orwelliana memoria.
Una tale banca dati – il cui possibile uso a fini sanitari e/o di controllo dovrebbe essere oggetto di un’accurata valutazione giuridica – dovrebbe peraltro essere accessibile a diversi enti/istituzioni, con le connesse problematiche afferenti alla privacy dei soggetti coinvolti.
Una ipotesi del genere – che, è bene ricordarlo, non esiste nemmeno per gli acquisti di prodotti da fumo e di prodotti alcolici (né risulta esistere in altri Paesi) – richiederebbe una oggettiva ponderazione tra i costi economici e sociali che tale soluzione comporta e gli obiettivi che si vogliono perseguire, valutandone preventivamente la “fattibilità”, la proporzionalità e la ragionevolezza. rf/AGIMEG