“Anche noi siamo imprese come le altre. Se non riapriamo e nemmeno ci aiutano rischiamo di chiudere per sempre. In questo caso non vince nessuno, ma ci perdiamo tutti”. E’ l’accorato appello di Juri Vespa, titolare di un’agenzia di scommesse di Torino, nuovamente chiusa da fine ottobre, dopo il lockdown di primavera, per effetto dei DPCM. Ma è questione di codici Ateco: il governo prevede ristori per sale bingo, lotterie e gestione di apparecchi, quindi per le sale slot, ma il codice 99001 (quello relativo alle agenzie di scommesse ndr) non è previsto: “Le agenzie di scommesse restano fuori. Ed è un abbaglio. Solo in Piemonte diamo all’erario quasi un miliardo di euro”, spiega Vespa.
“Se passiamo al ‘bianco’ forse si riapre, ma io devo dare risposte ai miei dipendenti già oggi”. Solo a Torino ci sono più di 50 agenzie di scommesse e ci lavorano circa 400-500 persone”. Quella di Vespa è un’attività storica: “Mio padre ha iniziato a Santa Rita negli anni 50, era il mondo del Totocalcio, la schedina era un rituale. Era un’altra Italia, meno moralista, ma che credeva nel futuro”. Ora la lotta alla ludopatia ha ridotto il numero di agenzie sul territorio, “ma si tratta di attività legali che hanno a che vedere più con la socialità che con il gioco. Le persone vengono da noi per guardare le partite delle coppe e del campionato, le corse dei cavalli, e scommettono qualche euro”. Il rischio è che questo mondo finisca nelle mani della criminalità. “Non si capisce che l’alternativa alle nostre agenzie di scommesse è l’illegalità. Questo sì che è un rischio”. lp/AGIMEG