Slot, Tar difende fasce orarie e distanze del comune di Aosta: non violano la libertà di impresa

Il Tar Val d’Aosta respinge il ricorso intentato da una sala slot e vlt contro il regolamento del capoluogo che adotta fasce orarie e distanze minime. Per quanto riguarda le limitazioni di orario, il giudice sottolinea per prima cosa che il regolamento comunale ricalca fedelmente la legge regionale 14 del 2015. “Il tenore letterale della citata normativa – regionale, NdR – non avrebbe consentito al Comune di ampliare il numero delle ore complessive di apertura delle sale giochi o implementarne le fasce orarie, essendo permessa soltanto – ma ciò non è avvenuto – una ulteriore riduzione dei predetti orari per mezzo dell’introduzione di una disciplina più restrittiva e quindi maggiormente penalizzante per le imprese che operano nel settore dei giochi e delle scommesse”. La sala ha anche provato a chiedere un rinvio alla Corte Costituzionale – facendo leva sulla libertà di impresa – sia per il distanziometro che per le fasce orarie. Per quanto riguarda le distanze, tuttavia, il giudice sottolinea che la Costituzione stessa sancisce che l’iniziativa economica “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. Pertanto il legislatore – anche quello regionale – può “intervenire per indirizzare l’attività economica al perseguimento di fini sociali”. Inoltre, nel caso delle fasce orarie, “il legislatore regionale non ha vietato tout court lo svolgimento dell’attività di gioco, ma vi ha posto, discrezionalmente, dei limiti temporali che non possono ritenersi manifestamente irragionevoli o abnormi, rilevato che il periodo di apertura delle sale giochi ricomprende complessivamente un terzo della giornata (otto ore complessive sulle ventiquattro totali), che risulta un arco temporale né troppo ristretto, né del tutto irrisorio”. Nessuna discriminazione infine rispetto al casinò di Saint Vincent: si tratta “di struttura collocata in altro Comune e comunque soggetta ad una disciplina speciale”. Impossibile quindi chiamare in causa il principio di eguaglianza, sarebbe infatti “in contrasto con il predetto principio l’applicazione della medesima disciplina a casistiche oggettivamente differenziate”. lp/AGIMEG