Il diritto dell’Unione europea, e in particolare il principio di libera prestazione dei servizi, non osta alla normativa nazionale che assoggetta ad imposta sulle scommesse i CTD stabiliti in uno Stato membro e, in solido, gli operatori di scommesse, loro mandanti, stabiliti in altro Stato membro. Con questa attesa sentenza, la Corte di Giustizia UE, questa settimana, ha dichiarato la legittimità, in merito al caso Stanleybet, dell’imposta unica per gli anni 2011-2015 sulle scommesse raccolte da ctd stabiliti in Italia. La CGE ha dato quindi ragione allo Stato italiano in merito alla legittimità all’imposta unica, ovvero la norma che obbliga le agenzie estere collegate ad un bookmaker comunitario senza concessione a pagare una tassa sulle scommesse raccolte in Italia. I giudici si sono espressi sulla legge che dal 2015 considera, come base imponibile per il calcolo dell’imposta unica dovuta dai centri esteri, il triplo della raccolta media provinciale registrata dalle agenzie dei concessionari. Per la Corte di giustizia UE è inoltre “irricevibile” il quesito relativo alla maggiorazione dell’imposta sulle scommesse, sulla base di un imponibile forfettario coincidente con il triplo della media della raccolta effettuata presso il punto di raccolta situato in uno Stato membro, per i CTD che agiscono per conto di operatori di scommesse stabiliti in un altro Stato membro che non sono titolari di una concessione, nonché per gli stessi operatori di scommesse. Ma la battaglia potrebbe non essere ancora conclusa. Dopo la sentenza della Corte di Giustizia sulla tassazione di CTD e bookmaker esteri, la questione torna ora alla Cassazione, che aveva rinviato la questione a Strasburgo. La Cassazione dovrà infatti recepire le indicazioni dei giudici comunitari e applicarli al caso concreto: la decisione della Suprema Corte potrebbe arrivare nel giro di un anno. Intanto la Stanleybet annuncia battaglia legale. Giovanni Garrisi (CEO Stanleybet) ha infatti dichiarato ad Agimeg che quella della CGE è una “sentenza contraddittoria rispetto alle precedenti pronunce riguardanti Stanley e non decreta nessuna fine, ma piuttosto il perdurare dello status quo. E’ inevitabile a breve un nuovo rinvio alla Corte di Giustizia, questa volta per affrontare il giudizio della cosiddetta ‘Grande Sezione’, che viene chiamata in causa quando ci sono, da parte della Corte, sentenze contraddittorie l’una con l’altra. Dopo 26 anni di contenziosi dovrebbe invece prevalere il buonsenso e permettere alla Stanley di far parte del sistema italiano. Il livello del contenzioso è ingente ed è prevedibile che si sentirà ancora parlare a lungo del ‘caso Stanleybet’. Io mi auguro che i nostri sforzi e quelli dell’Amministrazione e di chiunque può aiutarci, possano confluire nell’esito finale di Stanley finalmente all’interno del sistema. E’ l’unica possibilità. Altrimenti ci aspetta un contenzioso di almeno altri 5 anni che potrebbe anche concludersi con un nulla di fatto per entrambi: per noi e per l’Amministrazione”. “Per la Corte non c’è stata discriminazione ed è giusto applicare l’imposta ai CTD. Nel giro di due mesi mi aspetto le prime sentenze basate su questa pronuncia”. Questo invece il parere di Sergio Fiorentino, Avvocato dello Stato, rilasciato ad Agimeg a seguito della sentenza della CGE. “E’ una sentenza che non ci ha sorpreso più di tanto, anche perché l’Unione Europea non ha molte competenze su questo tipo di imposte. Quello che può esaminare la Corte in questi casi è se attraverso l’applicazione dell’imposta uno Stato comprima le libertà – come la libera prestazione di servizi e la libertà di stabilimento – che sono tutelate dal Trattato. Ma non è quello che succede in questo caso. La Corte ha ravvisato che non c’è nessuna discriminazione ed è del tutto normale applicare regimi fiscali differenti”. lp/AGIMEG