Il ‘Sole 24 Ore’: “Allarme del gioco legale, con lockdown a rischio oltre 150 mila posti di lavoro. Serve una data di riapertura certa, mentre cresce il gioco illegale”

Il gioco legale è chiuso da quasi 190 giorni e se il lockdown dovesse continuare ancora sarebbero a rischio oltre 150mila posti di lavoro. A delineare questo scenario – si legge sul Sole 24 Ore – è un dossier redatto dalla Sisal per raccontare la situazione di difficoltà che, come accade anche per altri settori, caratterizzano questo comparto. Le misure restrittive messe in campo per arginare la diffusione del Covid hanno infatti travolto anche il settore del gioco legale con vincita in denaro. Per i lavoratori del settore il permanere di una situazione di lockdown potrebbe comportare la definitiva chiusura dell’attività per un cospicuo numero di esercizi, mettendo a rischio i 150mila lavoratori che gravitano attorno al settore del gioco pubblico, e in particolare, i circa 30mila addetti impiegati nella distribuzione fisica (sale giochi, sale scommesse, sale slot, sale bingo). Il comparto chiede a gran voce una data certa di riapertura, anche se fino ad oggi non è emersa alcuna indicazione da parte del Governo circa la volontà di consentire il riavvio del settore del gioco, nonostante i Protocolli per riaprire in sicurezza e nel totale rispetto e tutela della salute dei lavoratori, dei consumatori e dei fornitori.

Lo stop al gioco legale ha portato ad un crollo della raccolta. A fonte del calo di oltre il 20% dell’intero settore del gioco legale, la chiusura del punti vendita per quasi sei mesi ha portato a un calo del 47,5% in termini di raccolta (73,9 milioni di euro nel 2019 contro i 38,8 nel 2020). Una frenata del consumi che pesa sulle casse dello Stato: nel 2019 ha incassato 10,3 milioni di euro dall’area retail del gioco legale, mentre nel 2020 si è privato del 42,3% in meno di entrate, pari a 4,3 milioni di euro.

Il dossier mette poi in evidenza un altro aspetto: i punti vendita di gioco legale con vincita in denaro stanno avendo difficoltà ad accedere ai finanziamenti garantiti dallo Stato. Il motivo, viene messo in evidenza nel documento, «risiede nella decisione, condivisa dalle principali banche e istituti di credito a livello nazionale, di rigettare le loro richieste adducendo motivazioni, a loro detta, di natura “etica”. Le stesse banche e istituti di credito, oltre ad impedire l’accesso ai finanziamenti, recentemente non hanno permesso agli esercenti del settore neanche di aprire nuovi conti correnti e/o di mantenere quelli già esistenti».

In questa situazione, grava l’ombra del gioco illegale. Il direttore generale dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, Marcello Minenna, ha messo in evidenza come durante il lockdown, a fronte di una riduzione del 25-30% derivante dalla chiusura del gioco legale, ci sia stata una forte esplosione del gioco d’azzardo illegale. Dalle relazioni della Dia (Direzione investigativa antimafia) emerge una ripresa del gioco illegale come recentemente sottolineato dal Procuratore nazionale antimafia Cafiero De Raho: «È necessario incrementare il gioco legale per sottrarre risorse alla criminalità organizzata e monitorare in modo puntuale tutta la filiera. Molteplici inchieste hanno dimostrato quanto il gioco illegale sia un indotto gestito dalle mafie e dalla ‘ndrangheta”».

La chiusura delle sale scommesse, sale slot, sale bingo e degli apparecchi da intrattenimento nei bar, ristoranti e tabaccherie, è stata disposta per la prima volta con il Dpcm dell’8 marzo 2020. La riapertura delle sale e la ripresa della raccolta è stata prevista a partire dall’11 giugno 2020, con modalità e tempistiche differenziate a seconda di quanto disposto dalle Regioni nelle rispettive ordinanze regionali. Successivamente, con il sopraggiungere della seconda ondata di contagi, il Governo ha deciso dapprima di prevedere la chiusura anticipata dei punti di vendita alle ore 21, salvo poi stabilirne la seconda chiusura definitiva a partire dal 26 ottobre, estesa, con il Dpcm del 3 novembre, anche alle attività di gioco effettuate all’interno di bar e tabacchi. cr/AGIMEG