La raccolta delle giocate alle slot e alle Vlt non viene assoggettata a IVA solo se viene effettuata dai soggetti direttamente incaricati dal concessionario. Sui rapporti tra gestori e esercenti, invece, deve essere versata l’IVA. A fare chiarezza ci ha pensato la Cassazione “chiamata, per la prima volta, a esprimersi sulla portata dell’esenzione da Iva della raccolta delle giocate prevista dall’art. 10, comma 1, 6 del dpr 633/1972, con le storiche pronunce n. 16951, 16952, 16953, 16954, 16955 dello scorso 16 giugno” spiega Italia Oggi.
Questa norma negli ultimi quindici anni ha generato diversi contenziosi dinanzi alle Commissioni tributarie. L’Agenzia delle entrate infatti nel corso degli anni ha inviato avvisi di accertamento seriali per recuperare a tassazione l’Iva non applicata nei confronti degli esercenti. E ha sanzionato i gestori, ai sensi dell’art. 6 del digs 471/1997, “per omessa autofatturazione di quanto non fatturata dagli esercenti”. I gestori però hanno spesso ottenuto ragione di fronte ai giudici territoriali: “In effetti, il quasi univoco orientamento delle Commissioni tributarie, qualificando la filiera del gioco come una triade di rapporti interconnessi tra concessionario, gestore ed esercente, ha qualificato le prestazioni rese dagli esercenti come essenziali ai fini della raccolta, in considerazione della loro strumentalità rispetto all’esercizio del gioco pubblico mediante gli apparecchi da intrattenimento. Lungo questo solco interpretativo si sono registrate centinaia di sentenze che hanno accolto le tesi dei contribuenti e spesso condannato l’Agenzia delle entrate alla rifusione delle spese di giudizio. Tali pronunce avevano addirittura persuaso l’amministrazione ad annullare in autotutela gli atti impositivi emessi rinunciando alla materia del contendere o, in taluni casi, non opporsi al passaggio in giudicato di numerose sentenze favorevoli ai contribuenti.
La Cassazione adesso ha stravolto questa giurisprudenza e ha condiviso la tesi interpretativa dell’amministrazione. “Dopo aver premesso che nessuna prestazione può essere qualificata come attività di raccolta in mancanza di affidamento diretto da parte del concessionario, i giudici di legittimità hanno ricordato che gestori ed esercenti non assumono alcun ruolo indipendente nella gestione e nell’esercizio del gioco lecito. La fattispecie agevolatrice, dunque, risulta applicabile soltanto nell’ambito dei rapporti che esercenti e gestori intrattengono direttamente con il concessionario”. La Cassazione, inoltre, “ha escluso la riconducibilità della prestazione resa al gestore dall’esercente nel novero delle prestazioni accessorie a quella principale (resa dal gestore all’esercente), cosi da applicare l’art. 12 dpr 633/1972, che uniforma il trattamento Iva della prestazione accessoria a quello della prestazione principale. Ciò in quanto l’art. 12 cit. potrebbe trovar spazio unicamente nell’ipotesi in cui le due prestazioni siano indirizzate in favore del medesimo destinatario, laddove invece, nel caso in esame, la prestazione principale ha quale diretto beneficiario il concessionario, mentre quella accessoria il gestore”.
Peraltro, nei casi in questione si viene a creare un paradosso: “a fronte dell’intervenuta cessata materia del contendere in capo agli esercenti, quali soggetti passivi delle imposte, con atti annullati in autotutela o non appellati, i gestori dovranno versare delle sanzioni per delle irregolarità non realizzate a giudizio della stessa amministrazione tributaria”.
Ma poi, queste sentenze rischiano di minacciare l’equilibrio della filiera degli apparecchi, già fortemente compromesso dal Covid.. “In un settore come quello gioco pubblico, spesso ritenuto un «salvadanaio» da cui attingere, le quote di raccolta riservate agli operatori si sono infatti progressivamente assottigliate” osserva ancora Italia Oggi. “Basti pensare che attualmente il pay out (importo da restituire ai giocatori, sotto forma di vincita) è del 65% della raccolta, il Preu è stato incrementato al 24%”. Se non si interviene a riequilibrare le quote di gestori e esercenti, “il principio affermato dalla Cassazione, con ogni probabilità, determinerà la scomparsa dei piccoli esercenti ai quali l’attività di raccolta viene affidata dai gestori e non dai concessionari (bar, tabacchi, sale ecc.). I gestori, infatti, dovendo corrispondere agli esercenti un’imposta per loro indetraibile, saranno costretti a proporgli una drastica riduzione delle quote di spettanza ovvero, alternativamente, a occuparsi direttamente dell’attività di raccolta. La filiera, conseguentemente, sarà investita da una trasformazione strutturale che favorirà la creazione di un oligopolio di pochi gestori che dovranno puntare a un massivo incremento della rete”. lp/AGIMEG