Vulpis (Vice Pres. vicario Lega Pro) ad Agimeg: “A fianco del Presidente Gravina per sospendere effetti Decreto Dignità e ridare ossigeno al mondo dello sport, ma aziende di gioco devono adottare una comunicazione più responsabile e meno aggressiva”

“Sono al fianco dell’idea del Presidente Gravina sulla sospensione fino al 30 giugno 2023 del divieto di pubblicità e sponsorizzazione delle scommesse, in quanto non solo utile per il mondo del calcio e dello sport, ma anche perché sostanzialmente questo intervento non ha un effetto sulle casse dello Stato, non necessita coperture finanziarie, ma si tratta di far tornare le aziende di gioco ad investire. Chiaramente stiamo parlando delle aziende del gioco lecito, mentre va fatta la guerra al gioco illegale ed ai fenomeni di matchfixing”. E’ quanto ha dichiarato ad Agimeg il Vice Presidente vicario della Lega Pro, Marcel Vulpis, commentando la proposta del presidente della FIGC, Gabriele Gravina, di sospendere per due anni gli effetti del Decreto Dignità.
“A livello pubblicitario stiamo parlando di una forbice tra i 130 ed i 180 milioni di euro solo sul mercato italiano, sono soldi che possono rientrare in circolo e quindi possono essere intercettati da Federazioni, Leghe, Club e possono aiutare i bilanci. Serve tornare a fare pubblicità di gioco e sponsorizzazioni di maglia. E’ anche giusto ricordare – ha proseguito Vulpis – che qualora questa idea del Presidente Gravina dovesse essere accettata dall’Esecutivo Draghi, le aziende del betting dovranno avere un approccio diverso rispetto al mercato dei consumatori. Questo Decreto Dignità è stato un elemento di riflessione interna per il mondo del gioco. Negli scorsi anni forse la pubblicità delle aziende di gioco aveva avuto un impatto troppo massivo e forse aggressivo. Oggi tutto ciò deve essere codificato e regolamentato, i messaggi devono essere soft, non aggressivi nei confronti degli utenti, al fine di evitare derive patologiche, un problema che comunque esiste e che va combattuto”.
“A mio giudizio – ha detto ancora Vulpis – dovrebbe essere da esempio quanto accade in UK, dove il mondo dello sport è sostenuto dalle aziende di gaming, penso al British Olympic Association, che corrisponde al Coni inglese, finanziato dagli investimenti pubblicitari della UK Lottery. Sarebbe opportuno che una percentuale, fissa o variabile, di quanto un’azienda investe, vada in Corporate social responsibility (CSR), in responsabilità sociale di impresa indirizzata a sport, ma anche a cultura, arte e sanità. E’ giusto infatti che i grandi fatturati del mondo del gioco diano qualcosa alla comunità. Serve un impegno in questo senso, non credo debba essere obbligatorio, ci vuole piuttosto una moral suasion che faccia capire alle aziende che devono porsi sul mercato con una logica differente rispetto a prima. In altre parole, ok al business ma servono anche azioni di responsabilità sociale. Serve un nuovo modo di fare comunicazioni per le aziende e per far crescere il sistema Paese. Forse se questo tipo di approccio fosse avvenuto qualche anno fa, non si sarebbe arrivati al Decreto Dignità. Ora serve riaprire con regole differenti, ma condivise da soggetti che fanno parte dal mercato, quindi da aziende, politica e società”.
“La vera battaglia – ha affermato Vulpis – è contro la criminalità organizzata che ha trovato ulteriori sacche di business, intercettando giocatori che non hanno ben chiaro, a causa della mancata pubblicità dei soggetti legali, chi è regolare e chi no. L’industria del gioco contribuisce a livello fiscale in modo non indifferente, con le tasse pagate dagli operatori di gioco lo Stato compie numerose iniziative (ad esempio finanzia il reddito di cittadinanza ndr), ma si tratta di un effetto erariale che non viene trasformato in comunicazione. Serve invece sottolineare tutte quelle azioni di Corporate social responsibility che si possono ottenere grazie ai proventi delle sponsorizzazioni. Ormai non siamo più in un clima politico di ‘caccia alle streghe’, come quando fu varato il Decreto Dignità, si può tornare ad investire in modo tradizionale, è solo questione di volontà. Consentire alle aziende di gioco di tornare ad investire significa che, dopo 18 mesi durissimi, le società sportive possono avere nuovo ossigeno. Oggi non è vantaggioso per nessuno rinunciare agli introiti sicuri di un settore legale e regolamentato dallo Stato come quello del gioco, si andrebbe a rimettere in circolo quel denaro stoppato più per motivi ideologici che concreti”, ha concluso. lp/AGIMEG