Tar Puglia: Se la Regione accorcia le distanze, nessun vantaggio per gli 88 tulps già revocati. Ma si può chiedere l’autotutela

Anche se una Regione adotta una disciplina sulle distanze più favorevole alle sale da gioco, le revoche delle licenze di pubblica sicurezza non possono essere annullate automaticamente. E la Questura non è tenuta a riesaminare in autotutela i provvedimenti. Ma se lo fa, e conferma il diniego, allora deve motivare adeguatamente il provvedimento, spiegando se ci sia ancora un interesse pubblico alla base della revoca, anche in considerazione del fatto che la norma originaria è stata modificata. E’ in sostanza quanto afferma il Tar Lecce nella sentenza con cui accoglie il ricorso di un internet point e corner scommesse di Grottaglie, nella provincia di Taranto. La vicenda risale al 2017, in sostanza la Questura aveva revocato la licenza all’esecizio, visto che non rispettava la distanza di 500 metri da una piscina. Pochi giorni dopo, tuttavia, il Consiglio Regionale ha modificato la legge sul gioco patologico, riducendo la distanza a 250 metri. A quel punto il centro ha chiesto alla Questura di revocare in autotutela il provvedimento, ma questa ha respinto la richiesta senza fornire adeguate motivazioni. Il Tar adesso afferma che la revoca in sé non possa essere annullata, anche se la normativa sulle distanze è stata modificata: “la legittimità d’un atto amministrativo va accertata con riguardo allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della sua emanazione”. In sostanza, il provvedimento di revoca era legittimo perché nel momento in cui è stato adottato, si applicava un distanziometro di 500 metri. Il Tar però ha dato ragione al centro perché la Questura ha respinto – senza un’adeguata motivazione – la richiesta di revoca in autotutela. IL giudice sottolinea che le Amministrazione non siano tenute a riesaminare un provvedimento solo perché lo chiede il destinatario: si tratta infatti di un potere “ampiamente discrezionale” e “non è coercibile dall’esterno, in quanto non sussiste alcun obbligo per la Pubblica Amministrazione di pronunciarsi su un’istanza in tal senso di un privato”. Ma, “quando tale potere venga esercitato”, allora l’Amministrazione deve “dar conto dell’interesse pubblico concreto ed attuale – da rivalutarsi anche in base alle sopravvenienze di fatto e di diritto – e del raffronto dello stesso con l’interesse privato coinvolto e deve esplicitare, non solo i contenuti della nuova valutazione dell’interesse pubblico, ma anche la prevalenza di tale interesse pubblico concreto ed attuale su quello del privato inciso”. rg/AGIMEG