Nei giorni di discussione e approvazione della delega fiscale, che riguarda anche la riforma del settore del gioco pubblico, tengono banco le discussioni sugli aspetti fiscali e normativi delle attività degli internet point che offrono possibilità di scommettere e giocare online. In particolare, riguardo all’illegalità di queste attività: “Quando vengono scoperti collegamenti a siti di gioco considerati illegali, agli operatori vengono inflitte numerose sanzioni tra loro sovrapposte che per certi aspetti confliggono sia con il cumulo giuridico, che con il principio del ne bis in idem”, si legge in un articolo della Settimana Fiscale, a firma del Dott. Emanuele Sipala (noto tributarista) e dall’Avv. Antonella Lo Presti (esperta settore giochi).
“L’infrazione contestata trae origine dalla disciplina dei giochi a distanza dettata dall’articolo 24, comma 11, e seguenti, della L. 7 luglio 2009, n. 88, che prevede le modalità di commercializzazione del gioco online il quale dev’essere effettuato in via esclusiva attraverso il canale telematico con esclusione della rete fisica. Ad essa segue la sanzione per la raccolta abusiva delle giocate in violazione dell’articolo 2, comma 2-bis, della L. 25 marzo 2010, n. 40, la quale si configura allorché vengono messe a disposizione apparecchiature che attraverso la connessione telematica consentono di giocare su piattaforme di gioco non autorizzate 9”.
Prosegue: “Il criterio su cui l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli fonda il presupposto della violazione di legge, consiste nella equiparazione dei personal computer o videoterminali giacché di per sé idonei ad essere impiegati attraverso la connessione telematica al gioco illegale, alle cd. apparecchiature utilizzate per l’esercizio del gioco on-line, anche se nell’elenco riportato nell’articolo 110, comma 6 e 7, del Rd 18 giugno 1931, n. 773 non risultano specificatamente indicati. In buona sostanza, rebus sic stantibus qualsiasi attività di internet point, di per sé sarebbe potenzialmente idonea, ad essere censurata, configurando così anche nel caso in cui non vi sia dolo da parte del titolare una responsabilità oggettiva di quest’ultimo”.
“L’uso di personal computer, tablet p.c., iPad, ecc… che consentano la libera navigazione sul web – si legge – è ritenuto illegale, allorquando vengono messi a disposizione dei clienti, con le specifiche finalità di consentire la connessione a siti di gioco, considerati illegali, mentre non sussiste alcuna violazione quando sono messi a disposizione degli utenti, per le finalità che consentono la libera navigazione sul web. Pertanto, l’unico discrimine consiste nell’ipotesi in cui il titolare del pubblico esercizio agisca con dolo, ovverosia nel caso in cui metta a disposizione degli utenti videoterminali con l’esplicita finalità di consentire l’accesso a piattaforme da gioco illegali”.
Per quanto riguarda l’impianto sanzionatorio, che si differenzia in: accertamento emesso da ADM, sanzione amministrativa, successivo avviso di accertamento e ulteriore sanzione pecuniaria: “L’impianto sanzionatorio e il meccanismo di determinazione della materia imponibile nei casi di accertamento dell’Adm, espone gli operatori economici ad una molteplicità di imposte e sanzioni, che appare contraria al principio del ne bis in idem. La sanzione amministrativa così come è stata strutturata configurerebbe infatti una sanzione formalmente amministrativa, ma nella sostanza di natura penale, compromettendo il principio del ne bis in idem”.
Inoltre, prosegue l’articolo del Sole 24 Ore: “Appare necessario un intervento affinché venga rimodulata la sproporzione rispetto alla contestazione e/o al tributo da versare e l’occasione può essere data dalla delega fiscale che prevede la revisione del sistema sanzionatorio in materia di imposte dirette e indirette al fine di rendere proporzionali le sanzioni allineandole al sistema europeo”.
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sb/AGIMEG