La Corte di giustizia tributaria di Milano ha annullato la richiesta di accertamento a carico di un consulente dell’Oia Service limited, gestore dei marchi Betaland e Enjoybet. All’agente, difeso dall’avvocato Vincenzo Matera, era stato contestato un maggior reddito collegato alla presunta raccolta illegale di scommesse operata dalla società maltese.
Lo studio legale Matera, con alle spalle 20 anni di esperienza nel settore del gioco, ha collaborato anche con gli operatori di scommesse come Goldbet e Softbet24 e difeso alcuni degli imputati di importanti operazioni di polizia come ‘Galassia’, ‘Gambling’ e ‘Nautilus’.
L’avvocato Vincenzo Matera ha dichiarato ad Agimeg che “nell’accertamento notificato ai consulenti viene indicato lo stralcio delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia (quello in cui sottolinea che i cosiddetti ‘master’ abbiano una commissione del 5% sul ricavato ndr.) come base per l’avvio del procedimento. Infatti, nella sentenza la Corte ha chiarito che le parole dei pentiti, senza fatti certi a comprovarle, sono solo indiziari”.
“Di questi casi ne stanno venendo fuori tantissimi e molte volte non arrivano neanche al contenzioso e li ho chiusi con l’annullamento in autotutela da parte dell’Agenzia delle Entrate. Ciò che emerge chiaramente, con un po’ di conoscenza del settore, è che una commissione del 5% ai consulenti è impraticabile per una mera questione economica, poiché togliendo il payout, imposta unica, tassa provider ed altre commissioni, al concessionario non rimane uno spazio di guadagno adeguato per elargire una tale percentuale ai consulenti”.
“Sto notando – prosegue l’avvocato Matera – che gli enti preposti non hanno una preparazione adeguata alla materia del gioco legale. Fanno spesso confusione con cose diametralmente diverse tra loro e hanno alcuni preconcetti difficili da sradicare. Un esempio su tutti, molto spesso il PVR viene considerato illegale perché non possiede una licenza di pubblica sicurezza, ma ignorano che è la norma a stabilire che la suddetta autorizzazione non è necessaria per queste attività”.
“Infine, avendo avuto modo di leggere le dichiarazioni di questi collaboratori di giustizia posso assicurare che sono piene di inesattezze e quindi credo che con un approfondimento maggiore i pubblici ministeri avrebbero potuto comprendere la realtà delle cose piuttosto che fidarsi ciecamente di queste dichiarazioni. Ribadisco che le parole dei pentiti possono essere degli indizi per trovare delle prove concrete, non la base su cui fondare l’accusa”. ac/AGIMEG