Compie il reato di esercizio abusivo di gioco “il gestore di un centro scommesse italiano affiliato ad un bookmaker straniero (che) metta a disposizione dei clienti il proprio conto-giochi o un conto-giochi intestato a soggetti di comodo, consentendo la giocata senza far risultare chi l’abbia realmente effettuata”. Il gestore infatti realizza “un’illegittima intermediazione nella raccolta delle scommesse che rende irrilevante il rapporto intercorrente fra il centro italiano di raccolta delle scommesse e l’allibratore straniero nonché l’esistenza di titoli autorizzatori o concessori in capo a quest’ultimo, costituendo una mera occasione della condotta illecita imputabile esclusivamente all’operatore italiano”. Lo afferma la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione respingendo i ricorsi intentato dal titolare di un Ctd abruzzese contro il sequestro preventivo disposto dal Tribunale di Pescara. La Suprema Corte sottolinea anche che irrilevante che le giocate siano state incassate “tramite conti gioco on line, o tramite la raccolta da banco”. Dovrà invece essere discussa nel merito la possibilità che esistesse uno specifico accordo tra il Ctd e la compagnia madre, ma la Cassazione ricorda che il Tribunale dubita di questa circostanza: “la documentazione prodotta risulta priva di timbri o segni riconducibili alla società e reca una firma illeggibile dell’indagato, difforme da quella apposta nella procura speciale per il presente procedimento”. lp/AGIMEG