Scommesse, Cassazione: “C’è intermediazione solo se il PdC dirotta le scommesse dei clienti su un conto di comodo”

Il titolare di un punto di commercializzazione commette il reato di intermediazione se “convoglia le scommesse su di un conto corrente di comodo a lui intestato, in maniera tale da apparire lo scommettitore in luogo di quello reale”. E’ quanto ribadisce la Corte di Cassazione accogliendo il ricorso intentato dalla titolare di un punto di Galatina, Lecce, proprio perché la donna non avrebbe utilizzato un conto di gioco proprio. La Suprema Corte infatti sottolinea che la Corte d’Appello di Lecce – che ha condannato la donna nel 2015 – avrebbe travisato il senso della testimonianza resa da un giocatore. Questi infatti aveva assicurato di possedere un conto di gioco proprio, e di aver chiesto alla titolare del punto di piazzare la scommessa  in sua vece, visto che tutti i computer dell’esercizio erano occupati in quel momento. L’uomo aveva quindi consegnato alla titolare 3 euro, per ricaricare il proprio conto di gioco e coprire l’importo della giocata. Inoltre, aveva assicurato che “non era possibile giocare nella ricevitoria della ricorrente senza essere titolare di un conto gioco” e che la titolare “non aveva mai consentito ai clienti di giocare sui conti diversi dai propri”. La Suprema Corte osserva che non si è fatto luce su chi fosse il titolare del conto utilizzato per piazzare la scommessa, ma osserva che se il cliente “poteva tranquillamente giocare sul suo conto non si comprende perché” la titolare “avrebbe dovuto giocare su altro conto”. Inoltre, “Se il conto utilizzato fosse di altro giocatore nessuna attività organizzata di intermediazione potrebbe configurarsi. L’attività organizzata potrebbe risultare da un eventuale conto;sempre utilizzato dalla ricorrente per le giocate di chi era senza conto proprio. Ma questo non risulta accertato nella sentenza impugnata”. Annullata con rinvio la sentenza della Corte d’Appello di Lecce, cui adesso torna la questione. rg/AGIMEG