Avere dei computer a navigazione libera all’interno di un locale pubblico non può essere considerata come una fattispecie assimilabile all’offerta continuativa di gioco. E’ questo l’esito della sentenza della Corte d’Appello di Venezia destinata a far molto discutere il mondo del gioco legale in Italia.
La vicenda coinvolge il titolare di un Punto Vendita Ricariche di Verona, rappresentato e difeso dall’avvocato Fernando Petrivelli, che ha presentato un ricorso alla Corte d’Appello di Venezia per riformare la sentenza del Tribunale di Verona e conseguentemente dichiarare inefficace l’ingiunzione emessa dall’Ufficio territoriale del Veneto dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli per aver messo a disposizione della clientela 6 pc a navigazione libera.
All’imprenditore sono state contestate sia la violazione dell’art. 7, comma 3-quater del Decreto Balduzzi sia la violazione dell’art. 110, comma 9, lett. f-bis del TULPS, con conseguente applicazione cumulativa della sanzione prevista dall’art. 1, comma 923 della legge n. 208/2015 (di €20.000,00) e di quella prevista dalla lettera f-bis del comma 9, dell’art. 110 TULPS.
La Corte d’Appello di Venezia ha però chiarito che “l’art. 7 comma 3 quater del D.L. n. 158/2012 sanziona la condotta del titolare di pubblico esercizio che mette a disposizione all’interno dell’esercizio stesso solo delle apparecchiature che attraverso la connessione ad internet consentono ai clienti di giocare sulle piattaforme di gioco, costituiti “per lo più da una struttura dotata di schermo touch- screen, tastiera di comando anche virtuale a dispositivi vari, atti a consentire la lettura elettronica del documento di identità, l’inserimento della smart card che abilita al gioco e l’introduzione di banconote per ricaricare la smart card utilizzata” (come affermato nella circolare n. 0019453 del 06.03.2014 della stessa Agenzia dei Monopoli).
Di conseguenza, è “escluso che la presenza di PC con connessione ad internet a navigazione libera (c.d. internet point) sia idonea ad integrare la fattispecie di cui all’art. 7 sopra citato, in quanto la semplice possibilità per l’utente di accedere ad un sito di gioco on line mediante proprie credenziali e conti personali (come accaduto nel caso di specie dove in sede di sopralluogo si è accertato che alcuni computer erano collegati a siti di questo genere) è solo occasionale e non costituisce un’ipotesi di costante offerta di possibilità di gioco mediante un apparecchio dotato di collegamento al relativo sito on line, solo a ciò dedicato”.
Per questi motivi, secondo la Corte d’Appello di Venezia, il ricorso è fondato e quindi viene annullata l’ingiunzione emessa dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli nei confronti dell’imprenditore. ac/AGIMEG