AS.TRO-Assotrattenimento2007, l’Associazione di categoria aderente a Confindustria SIT che rappresenta le eterogenee realtà imprenditoriali che compongono la filiera del gioco lecito, intende proporre le proprie osservazioni in vista dell’emanazione dell’ordinanza sindacale prevista dall’art 7 del “Regolamento sul gioco d’azzardo” approvato il 21.06.2021 u.s.
In un contesto come quello che abbiamo vissuto a causa della pandemia e delle conseguenti restrizioni imposte alle attività di gioco (rimaste chiuse per oltre un anno) e dopo l’espulsione di gran parte delle attività dal territorio regionale per effetto della Legge regionale 5/2013, ci si attende, dai rappresentanti delle istituzioni comunali, la sensibilità di evitare interventi troppo afflittivi, in materia di orari, proprio nel momento in cui gli imprenditori del settore e i loro dipendenti stanno, tra mille difficoltà, tirando un flebile respiro di sollievo per l’allentamento delle misure restrittive correlate all’emergenza COVID. Per voce del Presidente del Consiglio Comunale e di parecchi Consiglieri, è stata, ad esempio, avanzata la proposta di consentire l’attività di gioco per un massimo di otto-dieci ore giornaliere. In entrambi i casi, si tratterebbe di soluzioni che avrebbero l’inevitabile effetto di far chiudere anche quelle sale da gioco sopravvissute nel Comune di Reggio Emilia dopo la “falcidia” determinata dalla legge regionale 5/2013 (secondo uno specifico studio della CGIA di Mestre, l’85% delle sale giochi presenti nel Comune di Reggio Emilia, preesistenti alla legge 5/2013, hanno già chiuso, o sono comunque sotto “la spada di Damocle” della chiusura, in quanto collocate “sotto distanza”). Non conosciamo le reali intenzioni di coloro che stanno propugnando tale proposta, e siamo ben consapevoli, che, al di là delle voci che si levano dal Consiglio Comunale, il Sindaco agirà in piena autonomia, pur nel rispetto degli indirizzi indicati nel regolamento, nel determinare il contenuto dell’ordinanza. Ma, in termini oggettivi, le citate indicazioni espresse da una parte del Consiglio Comunale, per le tempistiche scelte e per la loro portata, appaiano come un atto politico finalizzato proprio a provocare la chiusura delle attività, così ottenendo, surrettiziamente, l’abolizione del gioco legale nel territorio di Reggio Emilia, a dispetto della normativa nazionale. Esponiamo qui di seguito alcune nostre osservazioni, sperando possano essere utili nella fase istruttoria prodromica all’emanazione dell’ordinanza per la disciplina degli orari delle attività di gioco.
È opportuno tener presente che l’attività di gioco lecito è esercitata per conto dello Stato sulla base di un modello concessorio che si articola in una filiera che coinvolge diversi soggetti imprenditoriali: gli stessi concessionari, i proprietari degli apparecchi da intrattenimento (c.d. “gestori”), i titolari di sale giochi nonché degli esercizi commerciali aventi attività prevalente diversa da quella dell’offerta di gioco. Tutti i soggetti coinvolti possono esercitare queste attività in forza di specifiche autorizzazioni rilasciate sia dalla Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (attraverso l’iscrizione nell’apposito Registro che richiede il possesso e il mantenimento di stringenti requisiti in termini di assenza di precedenti penali e di certificazioni antimafia) nonché dagli organi di P.S. (ai sensi dell’art. 88 del TULPS) e dai Comuni (ai sensi dell’art. 86 del TULPS). In altri termini, vi è un sistema di controlli a monte che attribuisce ai soggetti che esercitano l’attività di gioco un’aspettativa tutelabile a svolgere un’attività economicamente remunerativa: “al riguardo si osserva che la riduzione degli orari di gioco non deve mai spingersi a cancellare il valore economico della concessione (…) è comunque necessario trovare un equilibrio che massimizzi l’interesse pubblico riducendo al minimo le perdite per i privati e di conseguenza delle finanze pubbliche (TAR Lombardia Sez. di Brescia – sentenza n. 511/2021)”.
L’ “Intesa” richiamata ha fissato un tetto massimo di sei ore giornaliere per l’interruzione delle attività di gioco. Ha inoltre previsto che <>. Questo perché, alla base del sistema che pone il gioco sotto l’egida pubblica, soggiace anche l’interesse erariale dello Stato. In mancanza dell’emanazione del decreto ministeriale attuativo dell’Intesa, si è discusso della sua effettiva cogenza. Dopo un iniziale orientamento giurisprudenziale che negava qualsiasi efficacia ai contenuti dell’Intesa, sta emergendo un orientamento giurisprudenziale di senso contrario, inaugurato dalla sentenza del TAR Lazio n. 1460/2019, la quale, in merito all’efficacia della suddetta Intesa e all’ampiezza del potere dei Sindaci nello stabilire limitazioni orarie all’attività di gioco, si era pronunciato esprimendo i seguenti principi, in questa sede sinteticamente riportati: 1) In attesa che intervenga il previsto decreto di recepimento dell’Intesa, la stessa riveste la valenza di una norma di indirizzo per l’azione degli Enti Locali costituendo, al contempo, un parametro di legittimità dei provvedimenti da essi adottati; ciò implica che le indicazioni contenute nell’Intesa possono essere disattese solo laddove il Comune dimostri, in sede di motivazione, l’esistenza di particolari situazioni o fenomeni, legati allo specifico contesto del proprio territorio che rendano necessario adottare soluzioni diverse dalla disciplina destinata a trovare applicazione sul piano nazionale; inoltre, l’Intesa tutela anche lo spazio di autonomia e di competenza di ciascun livello di governo coinvolto e, a tal fine, essa subordina la definizione della distribuzione giornaliera dell’orario del gioco ad una previa intesa con l’ADM, portatore dell’interesse a salvaguardare le ragioni erariali connesse al gioco lecito; pertanto, l’acquisizione dell’intesa con la ADM costituisce una regola procedurale, espressione del più generale principio di leale collaborazione, con la conseguenza che la sua violazione determina l’illegittimità del provvedimento adottato.
Tali principi sono stati ribaditi anche dalla pronuncia della 1^ Sezione del Consiglio di Stato n. 1418/2020 che si è espressa nell’ambito di un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica: << (…) Pur non rivestendo, quindi, l’Intesa, valore cogente – per non essere stata ancora recepita – la stessa assume la valenza di norma di indirizzo per l’azione degli Enti locali, costituendo al contempo parametro per valutare la legittimità dei provvedimenti dagli stessi adottati (…)>>.Nel più recente parere n. 1143/2021 (pubblicato il 2 luglio 2021), il Consiglio di Stato, facendo espresso richiamo al parere n. 1418/2020, ha fatto propri i principi ivi espressi, ribadendo inoltre la necessità che le <>. Sul punto è intervenuto il Ministero dell’Interno con la Circolare n. 557/PAS/U/015223/12001 del 6 novembre 2019, il quale, esprimendo la piena condivisione dei principi suesposti, ha raccomandato ai Prefetti di rendere partecipi i Comuni delle rispettive Provincie della necessità di tener conto, in uno spirito di leale collaborazione, di detti principi.
L’emanazione di un’ordinanza troppo restrittiva, nel senso di prevedere la chiusura delle attività di gioco per più di sei ore giornaliere (parametro individuato, come punto di equilibrio, dalla Conferenza Stato-Regioni Enti Locali, v. infra), comporterebbe, per le poche sale giochi che dovessero riuscire a sopravvivere nonostante la rilevante perdita di redditività conseguente ad un intervento di tale natura, la necessità di sacrificare dal 50% all’ 80% del personale attualmente in organico (l’ipotesi dell’80% di perdite occupazionali certe è quella che conseguirebbe se venissero accolte le proposte proveniente dal Consiglio che prevedono dalle quattordici alle sedici ore di chiusura giornaliera).
Non è in alcun modo dimostrato che la riduzione dell’orario possa arrecare benefici in termini di riduzione dei fenomeni di dipendenza legati al gioco che, al contrario, numerosi studi hanno dimostrato essere del tutto inefficace se non addirittura controproducente, come, ad esempio, quello condotto dalla psichiatra dottoressa Sarah Viola, Consulente Tecnico d’Ufficio presso il Tribunale di Bergamo, già direttore scientifico del Centro di Psicologia Clinica presso la Casa di Cura “San Francesco” di Bergamo, Responsabile del Reparto DCA dell’Ospedale Sant’Isidoro di Trescore Balneario (BG) e Giudice Onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Bergamo. La nostra associazione, prendendo spunto dai numerosi studi condotti dalla dottoressa Viola sul tema della dipendenza da gioco, le ha commissionato un apposito pare scritto che provvederemo ad inviarVi non appena ci verrà consegnato.
Non si può negare che il gioco pubblico legale costituisca un presidio di legalità e quindi che, come dichiarato dal Procuratore Nazionale Antimafia Dott. Federico Cafiero De Raho – <>). Quindi ogni spazio lasciato libero da questa tipologia di offerta, per effetto di restrizioni normative aventi effetti economici non sostenibili dalle imprese legali, viene immediatamente occupato dall’offerta illegale, spesso in mano alla criminalità organizzata, la quale non soggiace alle norme poste tutela del giocatore, a quelle che vietano l’accesso al gioco ai minorenni e, inoltre, non rispetta alcun obbligo fiscale. Ciò trova conferma anche nella relazione, recentemente pubblicata, redatta dal <>, istituito presso la Commissione Parlamentare antimafia e presieduto dall’Onorevole Paolo Lattanzio, dalla quale emerge che, con l’inibizione dell’offerta legale, “la domanda di gioco resta stabile e rischia di spostarsi sul terreno delle gestioni illegali guidate dalla criminalità organizzata”.
Oltre alla necessità di salvaguardare la sostenibilità economica per le aziende di gioco delle restrizioni orarie, evitando provvedimenti paradossali come quelli che concentrano l’interruzione nelle ore diurne (consentendo il gioco soltanto nelle ore notturne), occorre anche evitare gli “spezzettamenti” delle fasce orarie. Si è osservato infatti che alcuni comuni, pur rispettando il tetto massimo di sei ore giornaliere di interruzione, distribuiscono questo monte ore in diverse fasce, di poche ore ciascuna, distribuite nell’arco delle 24 ore. Una tale scelta è innanzitutto controproducente dal punto di vista della lotta alla ludopatia, in quanto la ristrettezza dei tempi in cui è consentito giocare tende ad alimentare le pulsioni compulsive del giocatore problematico, il quale è portato a cercare di ottenere il massimo risultato nel poco tempo che gli è consentito e, durante tale spazio temporale, tende ancor di più a dissociarsi dal contesto circostante. Inoltre, le interruzioni a “singhiozzo” degli orari durante i quali è consentito giocare rendono impossibile, per gli esercizi dedicati, organizzare i turni di lavoro nel rispetto delle normative e dei contratti collettivi che disciplinano gli orari di lavoro, siano essi part time o a tempo pieno. È inoltre evidente che una limitazione degli orari di eccessivamente penalizzante da un punto di vista della redditività dell’impresa si ripercuote sull’entità delle risorse disponibili per sostenere le retribuzioni dei dipendenti presenti in organico al momento dell’introduzione di tali limitazioni.
Fermi restando i dubbi sull’utilità di tale strumento nella lotta alla ludopatia e, comunque, la necessità di rispettare quei parametri giuridici sopra specificati, una soluzione equilibrata potrebbe consistere in una differenziazione degli orari tra gli esercizi che esercitano l’offerta di gioco come attività prevalente (le sale giochi e le sale VLT) e quelli che invece la esercitano come attività secondaria (come, ad esempio, i bar e le tabaccherie). Infatti, mentre i primi si sostentano con la sola attività di gioco, e quindi subiscono maggiori conseguenze – in termini economici ed occupazionali – dalle limitazioni orarie, i secondi, pur subendo anch’essi, per effetto di tali limitazioni, una diminuzione della loro capacità reddituale, possono beneficiare dei ricavi derivanti dall’attività prevalente.
La nostra associazione auspica pertanto la possibilità di un suo coinvolgimento, anche attraverso un apposito incontro, prima dell’adozione definitiva dell’ordinanza sindacale, in modo che possa trovarsi una soluzione equilibrata che consenta un adeguato bilanciamento tra l’interesse alla tutela della salute e quello della salvaguardia delle imprese e dell’occupazione. lp/AGIMEG