Rapporto Nomisma: disturbo da gioco, cresce il numero degli autoesclusi. “Prevenzione decisiva, ma i pazienti restano invisibili”

“Il lavoro da fare in questo settore è quello della prevenzione ed evitare che le persone arrivino a certi stadi, poiché il disturbo da gioco d’azzardo è una vera e propria malattia ed è inserita nel DSM-5, ovvero il manuale diagnostico”. È quanto ha dichiarato Giovanni Martinotti (Università Chieti) durante la presentazione del Rapporto Nomisma.

“Di solito l’esordio del disturbo c’è nell’adolescenza, poi subentra un pattern di gioco crescente. Inoltre, alcuni giocatori associano questa dipendenza a quella da sostanze psicotrope o ad altre. La riduzione dell’offerta, in alcuni contesti, può essere una soluzione efficace. Altre misure importanti in questo senso potrebbero essere l’autolimitazione e l’autoesclusione. Il giocatore patologico non ha paura delle distanze o di doversi spostare per giocare, quindi distanze e limiti orari non sono strumenti idonei per combattere questo fenomeno”.

“Il paziente ludopatico – ha aggiunto Giulia Donadel (Università Tor Vergata)come tutti i dipendenti, difficilmente si rivolge ai Serd. Anche chi è consapevole spesso evita il trattamento. Inoltre, la dipendenza da gioco è spesso solo una delle problematiche: questi soggetti presentano comorbidità multiple. Il registro unico degli esclusi è stato uno strumento importantissimo, con un costante aumento degli iscritti: i giocatori lo vedono come un’ancora di salvezza“.

Credo sia necessaria una responsabilità collettiva che aiuti a spostare l’attenzione sull’atto del gioco, che coinvolge un soggetto che, nell’esercizio della propria autonomia, decide di utilizzare un prodotto. L’utilizzo dell’intelligenza artificiale nei prodotti di gioco pone questioni importanti, soprattutto relative alla privacy, quindi il settore deve pensare fin da ora a tutelare il giocatore in questo contesto. Il legislatore è in ritardo rispetto all’evoluzione del settore, e ciò genera criticità evidenti“, ha spiegato Raffaella Grisafi (Konsumer).

I giocatori problematici sono il 3,1% del totale, mentre quelli patologici sono l’1,3% – ha detto Elisa Zamagni (Ausl Emilia-Romagna). I più vulnerabili sono i giovani e gli anziani. In Emilia-Romagna, il gioco fisico è in linea con la media nazionale, mentre nell’online si gioca meno rispetto ad altre regioni”.

I giocatori con dipendenza si rivolgono molto raramente ai Serd o alla Asl per essere aiutati. Dunque – ha concluso Giorgia Bondi (Ausl Romagna, prevenzione dipendenze) – uno dei nostri compiti è intercettare queste persone e inserirle in percorsi di cura che li assistano e li aiutino a uscire dalla dipendenza“. ac/AGIMEG