“Troppo spesso temi di grande impatto sociale sono oggetto di dibattito pubblico riservato a pochi esperti o stakeholder, con un’attenzione ridotta al modo in cui la public opinion vede e vive il tema. Una pericolosa autoreferenzialità di soggetti e mondi che pretendono di dettare dall’alto e, spesso, da lontano, la linea su quel che è giusto o sbagliato di determinati comportamenti che invece sono di massa e coinvolgono milioni di persone nel quotidiano. È quanto accade al gioco, troppo spesso al centro di contese ideologiche o di stampo politico oppure oggetto di letture unilaterali che cancellano la complessità che invece è la vera cifra dei processi sociali contemporanei. In questa fase storica, quindi, è fondamentale comprendere opinioni e comportamenti degli italiani rispetto ad un fenomeno, il gioco legale, che genera un valore economico e sociale che gli viene, nella migliore delle ipotesi, solo parzialmente riconosciuto. Di seguito, quindi, sono analizzati e interpretati i risultati di un’indagine su un campione nazionale rappresentativo di 1.000 italiani maggiorenni, che consente di comprendere se e in che modo gli italiani giocano e quel che pensano dei diversi aspetti del gioco, inclusi i più controversi. Un quadro unico di percezione e pratica del gioco da parte degli italiani che consente, a questo stadio, anche di comprendere cosa la cultura sociale collettiva si attende sia fatto di fronte agli effetti devastanti delle ristrettezze emergenziali sul sistema del gioco legale ed ai rischi di una diffusione a macchia d’olio di quello illegale. Al 37,8% degli italiani è capitato in corso d’anno di giocare a uno o più giochi legali, dal Lotto, a Lotterie, superenalotto, scommesse sportive, ippiche e di altro tipo, Bingo, giochi online, slot machine. Sono 19 milioni gli italiani che hanno scelto di giocare almeno una volta in corso d’anno. Coloro che giocano più spesso, gli abituali, sono 4,1 milioni: guai a considerarli ludopatici o giocatori patologici, perché sono semplicemente persone a cui capita un po’ più di frequente di giocare ad uno dei giochi prima indicati, nei luoghi fisici o online. Si tratta di comportamenti che rientrano nella fisiologia del giocare e non possono e non devono essere d’autorità incasellati nel patologico. Non si notano differenze rilevanti nelle quote di giocatori per gruppi sociali e territori, fatta salva qualche eccezione e diversità da notare. In particolare: – tra gli anziani (18%) c’è una quota di giocatori inferiore a quella di adulti (45,4%) e giovani (45,2%); – al crescere del reddito le quote di giocatori tendenzialmente crescono, anche se non di molto. Infatti, i giocatori sono il 35,2% tra i bassi redditi e il 42,9% tra gli alti redditi; – nelle regioni del Sud-Isole (42,4%) si registra una quota più elevata rispetto a Nord Ovest (36,6%), Nord Est (31,8%) e Centro (37,4%). Numeri che rendono il gioco legale un fenomeno di massa, socialmente trasversale, che coinvolge persone di età, sesso, titolo di studio, professione, disponibilità economica e luogo di residenza molto diverse tra loro. In definitiva il gioco è componente fisiologica della quotidianità e sarebbe un errore interpretare la sua diffusione di massa come patologia sociale. Infatti, il gioco legale è praticato da italiani che hanno condizioni economiche, convinzioni politiche, religiose, sociali e aspirazioni e opinioni anche molto diverse e distanti tra loro. Se i numeri non hanno di per se stessi il potere di sancire natura e significato sociale di un fenomeno, tuttavia in questo caso non sono irrilevanti perché raccontano di un’abitudine spontanea, diffusa, ordinaria e innocua, se svolta nella giusta misura e nel contesto appropriato. Ed è quel che gli italiani fanno con ordinaria abitudinarietà. Ecco perché il gioco svolto nel contesto legale, regolato e controllato, non è una piaga che colpisce chi gioca e la società, ma appunto un’abitudine ordinaria. Praticare il gioco legale è parte integrante di uno stile di vita che annovera tale abitudine tra le modalità di entertainment che le persone scelgono per tante e diverse ragioni. E non c’è alcuna legge che trasformi sempre e comunque, quasi automaticamente, la voglia di giocare in un impulso irrefrenabile che trascina le persone in una patologica spirale autolesionista, con alti costi per se stessi e le famiglie”. E’ quanto riporta il rapporto Lottomatica-Censis presentato oggi a Roma.
cdn/AGIMEG