Rapporto I-Com: promuovere attività di sensibilizzazione dei giocatori online per evitare di incappare in siti illegali

Il rapporto redatto dalla Luiss Business School con il contributo di Ipsos riporta i risultati di un sondaggio condotto per comprendere i cambiamenti nelle attitudini e nelle preferenze dei consumatori del gioco. Nell’identificare quelle con modalità online, il 26% del totale dei rispondenti, ossia la maggior parte della popolazione maggiorenne coinvolta nelle interviste, ha dichiarato di aver giocato almeno a un gioco su Internet nel corso dei 12 mesi precedenti l’intervista, pur non scegliendolo come canale esclusivo. Questo significa che il consumatore, pur spostandosi su canali digitali, laddove possibile mantiene anche una componente di attitudine verso il cosiddetto gioco fisico.

E’ quanto evidenzia il paper di I-Com sul gioco, analizzando la spinta alla digitalizzazione ed i comportamenti dei consumatori nell’era del Covid.
Le scommesse sportive online sono il gioco maggiormente citato (12% del totale rispondenti), seguite da Gratta e Vinci su Internet (9%) e da Lotto su Internet (7%). In media ciascun rispondente ha indicato di aver giocato a tre diversi giochi su canali online.

La preferenza di chi ha dichiarato di aver giocato online è ampiamente ricaduta su siti legali, ma dal rapporto si evince come la frequenza di gioco sia molto più alta rispetto a quella dei giochi in presenza, nonostante sia inferiore l’incidenza, ossia il numero di giocatori.

Ulteriore prova della necessità di promuovere attività di sensibilizzazione dei giocatori online affinché non cadano nelle maglie dell’illegalità, ma prestino sempre più attenzione alla scelta dei siti su cui giocare. Da questo punto di vista è quindi necessario intervenire educando chi usufruisce di questi servizi a riconoscere i siti legali. Da alcuni dati riportati nel sondaggio si evince che la capacità di riconoscimento dei principali loghi riportati sui siti non sono particolarmente elevate, tanto da portare il consumatore ad avere difficoltà a orientare la scelta. Ciò che sembra mancare, in pratica, sono gli strumenti univoci e inequivocabili che renderebbero la scelta del consumatore sicura.

Da un interessante studio dal titolo “GAPS#iorestoacasa” condotto dall’Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa, inoltre, emerge il cambiamento dei comportamenti di gioco nel periodo di lockdown nel 2020. Oltre a registrare una generale diminuzione del gioco fisico, con più del 35% dei giocatori che ha ridotto le puntate e quasi il 23% che ha smesso, un intervistato su tre ha dichiarato di aver aumentato le giocate online.

Le risposte al questionario online, che ha raggiunto 3.971 persone in 6 settimane tra aprile e maggio 2020, evidenziano come il 3,6% dei rispondenti abbia giocato dal vivo durante l’emergenza coronavirus, principalmente presso i tabaccai, mentre il 3,7% ha detto di aver giocato online.

Tra chi negli ultimi 12 mesi ha giocato presso luoghi fisici (oltre un quarto dei rispondenti), durante l’isolamento il 12% lo ha fatto in presenza mentre il 10,3% online. I risultati del test indicano che lo studio ha raggiunto una popolazione particolarmente sensibile al tema: il 13,3% dei giocatori nell’ultimo anno e il 27,6% di chi ha giocato in periodo Covid¬19. Numeri che sembrano mostrare un profilo di problematicità, mentre sulla popolazione generale gli studi dell’Istituto indicano una quota di problematici intorno al 3%.

Il principale tema sullo sfondo è quello della digitalizzazione dei consumi e dei servizi e uno dei fattori che caratterizzano il settore dei giochi è proprio l’elevato livello di contenuto tecnologico. I cambiamenti in questo senso hanno gettato le basi per lo sviluppo dell’industria del gioco online e gli operatori hanno effettuato ingenti investimenti in ricerca e sviluppo nel campo delle tecnologie per sopravvivere sul mercato ed essere competitivi, allo stesso tempo migliorando e garantendo la sicurezza dell’esperienza degli utenti.

Quando si parla di evoluzioni e tendenze di mercato e di sistema sono però sempre i numeri a dare conto della reale dimensione del fenomeno. Si parla molto di Digital Transformation per definire quel processo che sta portando il nostro Paese (e non solo) verso un futuro sempre più connesso e digitalizzato.

Tuttavia, l’indice DESI (Digital Economy and Society Index) elaborato dall’Unione europea racconta un’Italia che figura soltanto al 25° posto in Europa nella classifica dei Paesi digitalizzati. In particolare, il nostro punteggio è basso negli indicatori che tengono conto dell’integrazione delle tecnologie digitali e del capitale umano. cr/AGIMEG