Kenya, stretta del governo sul settore scommesse: espulsi i rappresentati di 17 società tra cui SportPesa, Betway e 1XBet

SportPesa, Betin, Betway e 1XBet. Sono questi alcuni dei nomi delle aziende finite nel mirino del Governo del Kenya, che nei giorni scorsi ha ordinato attraverso il Dipartimento dell’Immigrazione l’espulsione di 17 amministratori di società di scommesse, le cui licenze non erano state rinnovate a seguito della stretta del Governo sull’industria del gambling. Tutto è iniziato con la richiesta da parte del Governo di 26 miliardi di scellini kenioti, circa 225 milioni di euro, di imposte dovute dalle società di scommesse. L’agenzia governativa si è mossa per limitare la loro pubblicità e successivamente il Betting Control and Licensing Board (BCLB) ha annunciato che le licenze di 27 società erano state sospese. La Central Bank of Kenya ha avvisato le banche di controllare i conti delle compagnie di scommesse e il Dipartimento per l’Immigrazione ha annunciato che avrebbe espulso 17 direttori di società di scommesse. Il giro di vite è andato a colpire molti dei bookmaker che hanno offerto scommesse durante la recente Coppa d’Africa, conclusasi con la vittoria dell’Algeria. L’Operazione coordinata dal Ministero degli Interni contesta agli operatori di essere andati troppo in là con le offerte di gioco, facendo passare il messaggio che è possibile arricchirsi con le scommesse. Un rapporto di Kenya Media Landscape recentemente pubblicato ha reso noto che le compagnie di scommesse sono state i migliori inserzionisti nel Paese nel 2017 e nel 2018, spendendo oltre 20 miliardi di scellini kenioti all’anno, pari a oltre 170 milioni di euro. Sportpesa, Betin e 1XBet sono stati inseriti tra i siti Web più visitati dai keniani mentre il sito di scommesse Betpawa, insieme a eCitizen e Kenya Revenue Authority, sono stati tra quelli su cui i keniani hanno trascorso più tempo. Dal canto loro, le aziende che devono pagare quello che il Governo definisce “tassa sul peccato” – come i produttori di alcool e tabacco – lamentano di versare all’erario del Paese oltre la metà delle loro entrate, tra tasse e diritti di licenza. cr/AGIMEG