“Il caso in esame è l’ennesima esemplificazione del caos in cui versa il settore, ma è anche simbolo supremo dell’inefficienza della nostra Pubblica Amministrazione. Qui viene letteralmente commesso uno “strafalcione giuridico”, ed è tragico che ciò avvenga per ben due volte: da parte dei Carabinieri che accertano e segnalano; da parte del GIP che emette Decreto Penale, chiedendo 30.000,00 euro ciascuno”. E’ il commento dell’avvocato Massimiliano Rosa, che ha seguito fino all’assoluzione con formula piena il caso dei tre gestori di un circolo di poker live in provincia di Milano, denunciati dalle forze dell’ordine per l’organizzazione di un torneo di poker. Il caso in esame trae origine da un controllo eseguito dalla Legione dei Carabinieri della Lombardia, Compagnia di Legnano, nel marzo del 2013, presso l’A.S.D. Bloody River di Cerro Maggiore (Mi), allorquando era in corso di svolgimento un torneo di poker sportivo con 122 partecipanti, i quali avevano pagato un buy in di 50 euro. I Carabinieri, nell’occasione, non hanno rilevato l’ipotesi di gioco d’azzardo ma, bensì, la violazione dell’art. 4, co. 4, della L. 401/89, in quanto gli indagati: “consentivano l’esercizio abusivo di gioco o di scommesse, essendo in atto, al momento dell’accesso ispettivo, un torneo non a distanza di poker”. Gli inquirenti hanno rilevato inoltre una serie di presunte violazioni urbanistiche.
Nella segnalazione della notizia di reato da parte dei Carabinieri di Legnano si legge: “al momento del controllo era in atto un torneo non a distanza di poker sportivo, la cui organizzazione e partecipazione non è al momento autorizzabile da alcun organo in virtù del vuoto normativo che non ha tutt’ora disciplinato la concessione dell’autorizzazione prevista ai sensi dell’art. 4 L. 401/89”.
Nel dicembre del 2013 i soci hanno ricevuto un Decreto Penale di Condanna dal GIP di Milano, con il quale venivano condannati a pagare la multa di 30.000,00 ciascuno,
in sostituzione della pena detentiva di 4 mesi di arresto, per la violazione dell’art. 4, co. 4, della L. 401/89; i tre condannati, tutti assistiti dall’Avv. Max Rosa del Foro di Udine, facevano opposizione al Decreto Penale e venivano rinviati a giudizio dinnanzi al Tribunale di Milano. Il caso finiva ovviamente sulla cronaca locale dei maggiori quotidiani lombardi, con i soliti titoli quali: “bisca clandestina”, “gioco illegale”, etc.
Con Sentenza pronunciata il 10 novembre 2014, il Tribunale di Milano, X Sezione Penale Monocratica, nel Procedimento RGNR N. 23091/2013 – Giudice dott. La Rocca – assolveva con formula piena i tre imputati, da tutte le imputazioni contestate, compresa quella di cui all’art. 4, co. 4, Legge 401/89, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
“Se è vero – prosegue Rosa – che lo stato caotico e deregolamentato del settore non li aiuta affatto nello svolgimento del loro compito, è altrettanto innegabile che le Autorità inquirenti agiscono troppo spesso in modo superficiale, contestando ipotesi di reato di cui non conoscono le peculiarità tecniche e le evoluzioni giurisprudenziali: diciamo che è una mera questione di imperizia, per usare un eufemismo. Nel caso in esame era sufficiente leggersi un po’ di giurisprudenza recente per giungere alla sua elementare conclusione. Non dubito che carabinieri e magistrati cerchino di fare il loro lavoro in buona fede, ma partendo dal presupposto che possono “sbagliare” senza doverne rispondere, accade sovente che si ecceda in leggerezza: credo che il problema risieda nei vertici dell’ordinamento giudiziario, che dovrebbe garantire migliori standard di preparazione, di aggiornamento professionale e, soprattutto, di direttive operative. Una cosa è certa: se io come legale commetto errori di tale entità, vengo semplicemente preso a calci nel sedere, sia dai clienti, sia, soprattutto, da parte di quegli stessi magistrati. È superfluo aggiungere, infine, che nessuno risarcirà i miei clienti per i gravi danni subiti”. cz/AGIMEG