“Presentando questo emendamento spero che si torni ad affrontare seriamente l’argomento del poker live. Con la legge comunitaria del 2008 si doveva regolamentare un settore importante del gioco in Italia, ma tutto questo non è mai stato fatto. Al momento di fatto in Italia esistono tante sale da poker che sono abusive e che sono state aperte in base ad una norma mai attuata. O si mettono in regola, o si chiudono”.
Ignazio Abrignani (ALA) Alleanza Liberalpopolare-Autonomie commenta così ad Agimeg la decisione di segnalare alla Commissione Bilancio della Camera un emendamento per abrogare la parte della legge comunitaria del 2008 che disciplinava il poker live. La comunitaria del 2008 – lo ricordiamo – avrebbe dovuto disciplinare i tornei live di poker sportivo (online già si gioca), con una previsione di mille licenze (da 100mila euro ciascuna) e tasse al 3% sul giocato, ma l’intervento definitivo si è bloccato per un regolamento mai pubblicato dal ministero degli interni. “Non siamo in grado di garantire la regolarità delle partite”, fu la motivazione di Aams.
Il gioco, quindi, deve essere legale o deve essere combattuto. Si può riassumere così il pensiero di Abrignani sull’argomento gioco in generale. “Spesso – prosegue Abrignani – sento attaccare le concessionarie del gioco pubblico. Sono imprese che lavorano legalmente e creano posti di lavoro. Sono inoltre un importante baluardo contro la criminalità organizzata, che ha interesse ad operare nell’illegalità. Se si attaccano le imprese legali, si lascia solo spazio alle mafie”.
Ma quante sono le sale da poker oggi in Italia? Non si tratta certo di un settore limitato, visto che secondo una stima di Agimeg le sale arrivano fino a 600, anche se c’è da fare una differenza tra quelle con tanti tavoli aperti, che organizzano più tornei a settimana, e quelle che invece hanno 1-3 tavoli e organizzano tornei con frequenza molto più rara. Le prime, che rappresentano un mercato degno di nota, sono circa 300. Tra queste ce ne sono alcune, la punta della piramide, talmente grandi da far invidia ai casinò, con 10-20 tavoli, sms e social network protagonisti quando c’è da promuovere un torneo e per far pubblicità. Questi poker club non agiscono certo nell’ombra (non si pensi alla bisca, visto che la bisca non ha un’insegna luminosa), danno lavoro anche a 20-25 persone tra i dealer, addetti alla sicurezza, al ricevimento, alla cucina e i floorman, “arbitri” che si occupano della regolarità del torneo (non gente improvvisata, ma formata nel tempo). La loro distribuzione sul territorio non è certo omogenea. Sono meno di dieci in Piemonte, poco meno di venti in Lombardia. La Puglia e la Sicilia (lontane dai quattro casinò italiani) ne hanno qualcuna in più, mentre le grandi città come Roma e Milano hanno 6-7 sale in grado di garantire un palinsesto di tornei molto importante. cz/AGIMEG