Pierpaolo Marino a Sportitalia.com sullo scudetto del Napoli: “Insieme avremmo potuto vincere anche prima”

Udinese-Napoli in programma giovedì per la 33° giornata del campionato di Serie A potrebbe essere la partita che assegna aritmeticamente lo scudetto al Napoli, il terzo della sua storia. Pierpaolo Marino, oggi direttore dell’area tecnica dell’Udinese e dirigente partenopeo nella prima fase dell’era De Laurentiis, ha rilasciato un’intervista in esclusiva a www.sportitalia.com.

Sullo scudetto Napoli che chiude un cerchio aperto 18 anni fa:

“In questo cerchio c’è la parte della semina e la parte del raccolto, che arriva ora, e che fa la felicità di un pubblico stratosferico come quello napoletano e di un club che si è rifondato dalle ceneri. Mi mette i brividi quando penso che è partito tutto dal 2004, da Udine quando ho lasciato un’Udinese costruita per la Champions. Finito il mercato, ad agosto, sono andato a Napoli. La storia la conoscono tutti. E’ una storia che ha dell’incredibile. Arrivare dall’organizzazione che aveva l’Udinese e trovarsi lì dove non si sapeva neanche dove posare il computer. Raccontandola può sembrare una favola e non la realtà. Penso ci sia una sorta di giustizia divina. Il fatto che il Napoli possa celebrare lo scudetto ad Udine fa in modo che da dove è partito tutto, con la mia partenza ritorni l’apoteosi del lavoro fatto. In quattro anni siamo andati in Coppa Uefa, a giocare con il Benfica e siamo partiti senza niente e con 60.000 spettatori che erano la nostra forza perché credevano nel progetto”.

Sui meriti di De Laurentiis nello scudetto del Napoli

“Andare a depauperare il lavoro di De Laurentiis non ha senso. Al figlio Edoardo sono legato come se fosse figlio mio. Quando lo abbraccio ci vengono le lacrime ad entrambi. Abbiamo vissuto momenti di grande condivisione. Si poteva vincere prima? Mi piacerebbe dare una risposta sicura, ma un anno dopo che andai via io, il Napoli che avevo lasciato è arrivato secondo con Mazzarri. Bravo De Laurentiis, perché lo scudetto è arrivato. Però mi rimane un punto interrogativo. Se avessi avuto la possibilità di continuare, lo avremmo vinto prima o mai? Non sono così presuntuoso da dire prima”.

Sugli allenatori che hanno costruito il Napoli:

“Reja? Sono sempre per la continuità tecnica. Con me ha fatto quattro anni e mezzo consecutivamente. Quando lo abbiamo scelto lui era in Serie C e, prima che arrivassimo noi, aveva fatto due soli campionati di A con due retrocessioni e cinque campionati di B. Il Napoli aveva una sola cosa: l’amore dei tifosi. Ricordo i botteghini per la prima partita con il Cittadella. Abbiamo avuto una dimostrazione d’amore fantastica”. 

“Benitez, secondo me, come allenatore è indiscutibile, ma a Napoli ha svolto anche la funzione di direttore sportivo. Tanti giocatori sono arrivati per merito suo. Essendo a Liverpool un coach a tutto tondo, ha dato il meglio di sé. Poi possiamo discutere sui risultati e sul gioco. Il mio amico Luciano Spalletti, che avevo portato a Udine dopo due retrocessioni consecutive, volevo portarlo a Napoli. Solo che lui aveva altri progetti molto più remunerativi. Se fosse arrivato quell’anno lì, cosa sarebbe successo? Sono domande a cui non possiamo rispondere”.

Sui calciatori cha hanno ricostruito il Napoli fino ai giorni nostri:

“Sicuramente sì. Montervino è stato addirittura capitano in Serie A. E’ diventato capitano dopo che lo avevamo tesserato dal vecchio Napoli. Non dimentichiamoci che ci chiamavamo Napoli Soccer. Poi, in Serie B abbiamo cambiato nome, tornando SSC Napoli. Ricordo Grava, che ho prelevato dal Catanzaro e poi ha fatto delle grandi stagioni in Serie A. Con quella squadra fatta da giocatori che provenivano dalla Serie C abbiamo battuto l’Inter del triplete con un gol di Zalayeta. Devo ricordare i giovani Lavezzi, Gargano, Hamsik che poi hanno fatto la storia del Napoli. Mi sento legato a tutti loro. Anche a Roberto De Zerbi, che oggi è un grande allenatore. Sono ricordi bellissimi. Resta la gioia di un disegno divino che ha portato me, il contadino che ha seminato, a godermi questo premio per la società e per i giocatori. Un premio che nessuno può discutere”.