“Questa pandemia sta gettando nel disastro migliaia di imprese di tutte le dimensioni e di ogni settore merceologico. Ce ne è uno però che, oltre a subire direttamente gli effetti della crisi, sta producendo gravi danni allo Stato e quindi, indirettamente, a tutta la comunità nazionale – e non sempre la politica sembra rendersene conto – e di conseguenza a tutti noi. Si tratta di tutta la filiera del gioco legale, che nel 2019 ha contribuito al gettito dello Stato per oltre 11 miliardi di euro e che invece nei primi dieci mesi dello scorso anno ha visto ridursi queste entrate di 4,5 miliardi”. E’ l’allarme lanciato su “Il Tempo” da Riccardo Pedrizzi, presidente della Commissione Finanze e Tesoro del Senato dal 2001 al 2006.
“Circa l’80% del calo è imputabile alla perdita di gettito registrata dal canale retail – sale gioco, agenzie di scommesse e bingo – non solo per le chiusure disposte dai vari Dpcm, ma perché i giocatori si sono spostati sul gioco illegale. La conferma è arrivata direttamente dal direttore generale ADM, Marcello Minenna”.
Ma quali sono le cause di questo crollo del gioco legale e quali quelle dell’incremento di quello illegale? “Innanzitutto il trattamento penalizzante di un intero settore che pur aveva predisposto un rigoroso protocollo per il contenimento del Covid 19 nelle sale e nei luoghi di accesso ai giochi. Quando fu dichiarata la fine della chiusura totale dei mesi di marzo ed aprile e la riapertura dal 18 maggio – ricorda Pedrizzi – solamente le sale giochi sono state costrette a rimanere chiuse potendo riaprire solamente dal 15 giugno e non su tutto il territorio nazionale. Il Dpcm dello scorso 24 ottobre e l’ultimo di questi giorni hanno poi di nuovo disposto la chiusura di tutte le sale ed i casinò, a differenza di altre attività economiche. Eppure non risulta che ci siano stati casi di focolai in qualche sala. A questi provvedimenti di carattere contingente si aggiungano il calo delle scommesse dovuto anche agli interventi normativi sulla aliquota di imposta, il minor reddito procapite dei giocatori, la riduzione della rete dei negozi, l’espulsione del gioco legale dai centri urbani in applicazioni alle leggi regionali e comunali”.
“Da ciò – l’allarme di Pedrizzi – i rischi di chiusura principalmente di piccole imprese familiari di gestione di agenzie di scommesse, esercizi pubblici e potrebbero riguardare centinaia di sale scommesse, di sale giochi e migliaia di bar, interessando almeno 30 mila addetti. Stiamo parlando di 14.800 tra attività diretta o integrata negli esercizi dedicati, 12 mila gestori, quasi 28 mila assimilati cioè in esercizi come bar dove sono presenti Awp, 1.700 produttori, oltre a 12 mila lavoratori delle sale bingo. Solo per le sale scommesse ci sono in ballo 25 mila posti di lavoro diretti. La crisi ha dunque effetti diretti sulle imprese e sui dipendenti dei concessionari ed indiretti sui conti dello Stato”.
Pedrizzi evidenzia come “il settore si presta a facile demagogia e ricerca di qualunquistici consensi che non tengono conto di studi seri, come quello dell’ISS, e di indagini e ricerche come quelle dell’Eurispes. Occorre soprattutto capacità di ascoltare chi del settore si intende ed è responsabile come il direttore generale di Adm Marcello Minenna, che ha indicato le necessità dell’intero settore: un nuovo Testo Unico che raccolga e sintetizzi tutta la normativa, devolvere parte delle entrate dai giochi a Regioni e Comuni, intensificare il controllo del territorio per contrastare il gioco illegale”. lp/AGIMEG