Scommesse, nuova tassa dello 0,5%: criticità diverse, tra scommesse sportive, scommesse ippiche e betting exchange, che potrebbero sfociare in ricorsi al Tar

La determina varata dall’ADM un paio di settimane fa sulla tassa dello 0,5% che servirà per finanziare il fondo Salva-Sport, ha provocato un vespaio tra gli operatori. La tassa è stata introdotta con il decreto Rilancio, sostanzialmente servirà a alimentare un Fondo per il rilancio del sistema sportivo nazionale, attraverso un prelievo sulla raccolta delle scommesse. Al di là del fine condivisibile, però, la tassa ha creato parecchi malumori tra gli operatori dei giochi, e adesso il decreto che di fatto le dà attuazione aumenta il disagio. La tassa – secondo quanto apprende Agimeg dagli operatori – mostra delle criticità diverse a seconda che si parli di scommesse ippiche, sportive e betting exchange: ognuno potrebbe sfociare in un ricorso al Tar Lazio. Senza contare che potrebbe innescare un lungo contenzioso tra compagnie madri e la rete delle agenzie per stabilire come dividere il peso della prelievo.

Il prelievo dai concorsi e scommesse ippiche

Alcuni giorni fa Giuseppe L’Abbate, sottosegretario al Mipaaf con la delega all’Ippica, ha diffuso una nota in cui chiede che le scommesse ippiche vengano esonerate dal prelievo, e annuncia che solleciterà un incontro con il direttore dell’ADM Marcello Minenna. In effetti il decreto dell’ADM prevede che siano sottoposti al prelievo anche i “concorsi pronostici ippici, scommesse di ippica nazionale, scommesse ippiche a totalizzatore, scommesse ippiche a quota fissa e multiple a riferimento”. La norma del decreto Rilancio al contrario faceva riferimento solamente alle scommesse sportive (parlava infatti di “scommesse relative a eventi sportivi di ogni genere, anche in formato virtuale, effettuate in qualsiasi modo e su qualsiasi mezzo, sia on-line, sia tramite canali tradizionali”). Insomma, al prelievo non dovrebbero essere assoggettate le scommesse ippiche.

La crisi del betting exchange

Problemi anche per il betting exchange, le scommesse che vengono scambiate direttamente tra gli utenti. Il bookmaker, o meglio l’operatore, in questo caso si limita a creare la piattaforma di scambio e a metterla a disposizione degli scommettitori. E per questo trattiene una commissione molto ridotta, che nel 2019 – stando ai numeri del Libro Blu di ADM – è stata di circa 7 milioni di euro al netto del prelievo ordinario. La tassa dello 0,5 raggiungerebbe però gli 8,4 milioni, visto che la base imponibile – sempre al netto del prelievo ordinario – era di 1.693 milioni. In sostanza, se la norma del decreto Rilancio venisse applicata alla lettera, questi operatori pagherebbero una somma superiore a quella che incassano. Per superare il problema la tassa è stata scaricata sui giocatori: “La corresponsione di tale somma è imputata interamente sui giocatori risultati vincenti” si legge infatti nella determina. Secondo gli operatori, però ADM non avrebbe potuto farlo. Deve essere la norma primaria, il decreto Rilancio, a individuare quali soggetti devono pagare l’imposta o in alternativa – sottolineano diversi concessionari – quella norma deve affidare una delega all’ADM. La formulazione del decreto invece è molto vaga, dispone solamente che “una quota pari allo 0,5 per cento del totale della raccolta da scommesse relative a eventi sportivi di ogni genere, anche in formato virtuale, effettuate in qualsiasi modo e su qualsiasi mezzo, sia on-line, sia tramite canali tradizionali (…) viene  versata all’entrata del bilancio dello Stato e resta acquisita all’erario”. Il Mef viene chiamato a adottare un decreto, ma solo per dettare “i criteri di gestione del Fondo”.

Una tassa per i giocatori

Ma il fatto che nel caso del betting exchange la tassa venga scaricata sui giocatori fa insorgere gli operatori delle scommesse tradizionali che parlano di una disparità di trattamento. Ai fatti cambia poco, perché è facile immaginare che i bookmaker per reperire le risorse necessarie rivedranno le quote, quindi pagheranno delle vincite leggermente inferiori, e finiranno con lo scaricare la tassa usi giocatori a loro volta. Dal punto di vista commerciale però si potrebbe creare una forte disparità: di norma le quote del betting exchange sono già in partenza leggermente più alte delle tradizionali, ma il gap potrebbe aumentare proprio perché la tassa viene applicata in due modi differenti. E questo potrebbe spingere i clienti a scegliere un prodotto invece di un altro.

lp/AGIMEG