Sulle linee guida dell’Agcom riguardanti il divieto di pubblicità sul gioco previste dal Decreto Dignità, “ci sono state alcune interpretazioni errate o forzate, in un senso o nell’altro. Dal punto di vista giuridico, generalmente, funziona così: una norma stabilisce dei principi e attribuisce l’enforcement a un’autorità. Poiché la norma è di carattere generale, l’autorità emana un regolamento per disciplinare i sotto casi e l’articolazione del presidio normativo, anche per dare certezza giuridica ai soggetti interessati dalla norma”. E’ quanto dichiarato da Antonio Nicita, Commissario dell’Agcom in un’intervista al magazine Vita.it. “Da subito in Agcom non siamo andati nella direzione di un regolamento – ha continuato Nicita – ma “nella direzione delle Linee guida, dopo una lunga e ricca consultazione”. “Date queste linee guida, l’enforcement si realizzerà caso per caso, con opportune correzioni di tiro, e si definirà in progress, in base alle segnalazioni che arriveranno all’Agcom e che ci aiuteranno a definire categorie di casi sempre più tipizzate”. Per quanto riguarda le eccezioni, Nicita ha sottolineato che la prima è stata valutata sulla “mera insegna. Qui si intende un’insegna che non deve indurre al gioco, che non dovrebbe cioè costituire un elemento di pubblicità al gioco d’azzardo”. La differenza tra pubblicità e informazioni commerciali è la seconda eccezioni che però andrà poi definita analizzando i casi ed i giochi. In generale però bisogna “evitare che l’informazione sulle modalità e sulla natura del gioco d’azzardo sia una forma occulta di pubblicità, ma anche evitare che eliminando ogni tipo di informazione utile a illustrare il tipo di gioco si finisca per sottrarre elementi informativi essenziali a coloro che intendano comunque giocare. Sappiamo bene quanto questa distinzione sia difficile e per questa ragione abbiamo solo delineato il principio. Vietare la pubblicità – ha continuato Nicita – non significa vietare il gioco e nemmeno lasciare il giocatore senza informazioni ex-ante. Bisogna evitare quella che gli economisti chiamano selezione avversa, lasciando senza informazioni chi abbia deciso di giocare”. Per la distinzione tra pubblicità e informazioni utili, Nicita ha sottolineato che le informazioni commerciali sono su come si gioca, i rischi, le probabilità di vincita. Conoscendo il gioco, si può decidere se giocarci o meno. “E’ per questo che bisogna distinguere, in concreto, i vari tipi di gioco e i vari casi”. Mentre infatti l’informazione commerciale avviene prima che un utente scelga a cosa giocare, perché si informa appunto del gioco, la pubblicità è una comunicazione sintetica ed accattivante che avviene “ex ante, si rivolge ad un pubblico indistinto che include soggetti che, in assenza di richiami e segnalazioni, magari non avrebbero scelto di giocare”. Per quanto riguarda il gioco fisico però, è difficile stabilire se l’informazione commerciale sia arrivata prima o dopo la richiesta del soggetto a riceverla. Per ogni tipologia di gioco, quindi, bisognerebbe trovare “una soluzione concreta a questo problema e tipizzarla, avendo in mente i principi stabiliti dalle linee guida”. Secondo Nicita però le vincite esposte nelle ricevitorie e nelle sale “non hanno contenuto informativo, in quanto andrebbe detto allora quanti giocatori hanno perso. Si tratta quindi sicuramente di forme di pubblicità, per quanto auto-organizzate e pertanto sono escluse dalle linee guida”. La questione è invece diversa per quanto riguarda le quote degli eventi su cui si può scommettere esposte nelle sale scommesse, “luoghi deputati a quello”. Il contesto, secondo Nicita è “rilevante. Per quello che riguarda i luoghi specifici dedicati al gioco, varcata una soglia, quindi avendo accettato di entrare in quell’ambiente per giocare le informazioni a quel punto appaiono necessarie per il gioco stesso”. Per quanto riguarda la tv, il problema si porrà per “le trasmissioni televisive dedicate a giochi, anche quelle peraltro molto variegate e differenziate, anche tra canali nazionali, sui quali peraltro l’Autorità è già attiva con il proprio monitoraggio, ed emittenti locali. O per le trasmissioni che, al loro interno, hanno spazi dedicati alle scommesse”. Difficile però bloccare completamente la pubblicità e per Nicita, una possibile soluzione potrebbe essere quella di vietarla nei luoghi fisici “generalisti”, mentre consentire quella di informazione, incluse ad esempio le quote, nei luoghi specializzati. “Il caso si complica laddove in luoghi “generalisti” siano previsti spazi specializzati. Anche qui il tema, a normativa vigente, è evitare che il divieto alla pubblicità si traduca in divieto al gioco”. Secondo Nicita le soluzioni saranno sicuramente nei singoli casi. A seguito di una segnalazione, l’Agcom valuterà il caso e si pronuncerà creando una sorta di “precedente” da utilizzare poi per il futuro. Nel caso però delle vincite segnalate ad esempio nelle ricevitoria, la risposta di Agcom “non potrà che essere negativa se l’informazione si configura come induzione o almeno come informazione parziale. Nel caso della televisione, si dovrà capire meglio il discrimine tra informazione e pubblicità che è molto sottile secondo me, da sempre e non solo per i giochi”. Le aree più problematiche rilevate dall’Agcom sono: “la questione “pubblicità” e luogo fisico del gioco, in particolare sul tema delle insegne. Abbiamo in questo caso trovato ragionevole che un’insegna informativa di un locale di gioco non si configuri come pubblicità, salvo ovviamente i casi contrari; la distinzione fra pubblicità e modalità di gioco e fra informazione date ex posted ex ante”; “le informazioni specifiche sulle scommesse, sia nei luoghi “generalisti” sia nelle trasmissioni “generaliste” devono essere monitorate e vanno capite e definite le specifiche condizioni all’interno delle quali queste informazioni possono essere date senza diventare tutt’altro, ovvero promozione e pubblicità del gioco a un pubblico indistinto; le televendite”. “In Italia questa categoria si è configurata, anche nei casi storici affrontati da Agcom, come qualcosa di diverso rispetto alla pubblicità e cioè come esecuzione di un contratto di compravendita”. Per quanto riguarda l’indicizzazione sul web, “il sito sponsorizzato è vietato, ma l’indicizzazione normale che non sia il risultato di finanziamento dello sponsor non rientra in questo caso”. Cercare un sito di gioco sui social e sui motori di ricerca e trovarlo come risultato dell’algoritmo è una cosa normale che non rientra nel divieto. Secondo quanto dichiarato a Vita.it da Nicita, infine, le linee guida, in quanto tali, “possono evolvere caso per caso. L’approccio è stato comunque quello di non aprire varchi nel divieto, ma operare in chiave analitica tutti gli aspetti evitando che divieto alla pubblicità significhi divieto o impossibilità di gioco da un lato o divieto a fornire informazioni a giocatori intenzionali potenziali dall’altro e poi lavorare caso per caso, creando una serie di precedenti concreti e tipizzati che permettano a tutti di orientarci meglio”. lp/AGIMEG