La Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha respinto i ricorsi – contro le misure cautelari- intentati da tre indagati coinvolti nell’indagine “Mani in Pasta”. L’inchiesta circa un anno fa ha disarticolato il clan Acquasanta di Palermo, portando al fermo di 91 persone in tutta Italia. I tre indagati in questione erano a vario titolo coinvolti nel business delle scommesse clandestine: uno degli imputati – secondo gli inquirenti – ha condizionato diverse corse ippiche; un’altra ha fatto da prestanome a degli esponenti del clan, figurando come la proprietaria di alcuni cavalli da corsa; il terzo infine viene ritenuto il referente di uno dei vertici del clan “nei settori dei giochi e delle scommesse on line” e ha utilizzato dei soldi del clan per aprire nel 2015 un’agenzia di scommesse a Palermo.
L’inchiesta ha fatto luce sui vari interessi controllati dal clan Acquasanta, dagli investimenti nei cantieri navali di Palermo al controllo del mercato ortofrutticolo. Per quanto riguarda il settore dei giochi, il clan avrebbe alterato una serie di corse ippiche non solo all’ippodromo di Siracusa, ma anche a Torino, Albenga, Milano e Modena. Il clan inoltre gestiva una rete di centri – diffusi in tutta la Penisola – che dirottavano scommesse su delle piattaforme illegali. lp/AGIMEG