Nel Lazio la criminalità organizzata trae ricavi tra i 614 milioni e gli 1,1 miliardi di euro da traffico di droga, prostituzione, contraffazione, armi, gioco d’azzardo, rifiuti, usura ed estorsioni. E’ la stima che avanza Transcrime, nel dossier “Il Pil delle mafie. Il nuovo ordine criminale del Lazio e la guerra silenziosa del 416bis” curato dagli studenti della Luiss e presentato oggi dal procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone, dal vicepresidente di Confindustria per l’Education Ivanhoe Lo Bello, dal direttore generale di Confindustria Marcella Panucci e dall’ex ministro della Giustizia Paola Severino. A rafforzare il potere economico delle mafie l’inaridimento del tessuto economico della regione, dovuto alla crisi economica (che ha fatto aumentare i fallimenti del 15% nella prima parte dell’anno) e alla riduzione del credito da parte delle banche (i finanziamenti sono calati del 10%). La criminalità organizzata invece dispone costantemente di denaro liquido da investire ta’, pronta ad essere investita. “Fermo restando che a Roma ci sono molte altre emergenze oltre alla mafia” ha detto il procuratore Pignatone, “c’è però anche il problema mafia che va affrontato con la legge, col 416bis e con le confische dei beni”. Il vice presidente di Confindustria Lo Bello ha invece evidenziato che “Nel nord c’è la presenza della ‘ndrangheta per il traffico di droga, nel Lazio la presenza mafiosa è capillare ad Ostia, Fondi, Latina”. Per Paola Severino, “il sequestro e la confisca rappresentano i più grandi mezzi di lotta alla mafia. Uno dei mezzi più efficaci è la sanzione sociale, l’allontanamento dei fenomeni di mafia e camorra. Il ‘no pizzo’ è diventato frequente anche a Napoli, una forza sociale per contrastare il fenomeno criminoso, fatta da piccole persone che insieme producono una gran forza”. lp/AGIMEG