Il 2020 è stato un anno particolare per la finanza pubblica, a causa delle misure eccezionali di contrasto della crisi. I vincoli posti dal Patto di Stabilità e Crescita sono stati sospesi, con aumenti generalizzati dei deficit pubblici; nel nostro Paese il disavanzo ha toccato il 9,5 per cento del Pil, contribuendo a far salire notevolmente l’incidenza del debito. Le recenti previsioni Istat stimano per il 2021 una robusta ripresa dell’attività, dei consumi e degli investimenti, spinti anche dall’avvio del PNRR: la crescita del Pil dovrebbe essere del 4,8 per cento e proseguire, con un ritmo di poco inferiore, l’anno successivo. E’ quanto si legge nel Rapporto annuale Istat 2021 presentato oggi.
Nel 2020, l’economia mondiale ha sperimentato una profonda e inattesa recessione legata alla diffusione della pandemia del COVID-19 che ha reso necessaria l’attuazione di severe misure di limitazione delle attività produttive, di quelle formative e delle relazioni sociali. Nella prima parte dell’anno si è registrato un crollo dell’attività economica in quasi tutti i paesi, seguito da un forte rimbalzo nei mesi estivi che ha riflettuto la progressiva rimozione delle restrizioni. Tra la fine dello scorso anno e l’inizio del 2021, la ripresa economica è proseguita in maniera eterogenea tra paesi e settori produttivi, a seguito delle misure di distanziamento adottate per contrastare la seconda ondata dei contagi, dei progressi nelle campagne vaccinali e dell’efficacia delle misure di sostegno poste in atto in modo differente a livello nazionale
Come già in parte evidenziato in altre analisi, la piccola dimensione delle imprese e la specializzazione produttiva di alcuni territori nelle attività più colpite dallo shock sono due elementi alla base dell’eterogeneità delle conseguenze della crisi. Sotto quest’ultimo aspetto, ad esempio, se il primo periodo di restrizioni agli spostamenti e alle attività, nella primavera 2020, ha coinvolto indistintamente tutto il Paese, a partire dall’autunno le misure di contenimento sanitario sono state applicate su base regionale, con provvedimenti diversificati in termini di chiusura o riduzione temporale delle attività e di restrizioni nei movimenti. Ne consegue che la vulnerabilità di un territorio dipende sia dal grado di diffusione dei settori maggiormente colpiti dalla crisi, sia dal grado di specializzazione dell’economia locale in tali attività.
In particolare si considerano quattro settori, uno manifatturiero e tre del terziario: la filiera del tessile—abbigliamento-pelletteria (comprese le calzature), che ha risentito duramente del crollo della domanda interna e (soprattutto nel primo semestre 2020) di quella estera, le attività legate al turismo, il commercio e ristorazione e le attività ricreative, culturali e sportive, su cui hanno impattato direttamente i provvedimenti amministrativi e le regole di distanziamento sociale. In particolare, per le attività di intrattenimento, si sono prese in considerazione, afferma l’Istat, le seguenti divisioni Ateco2007: 90 – attività creative, artistiche e di intrattenimento; 91 – attività di biblioteche, archivi, musei e altre attività culturali; 92 – attività riguardanti le lotterie, le scommesse, le case da gioco; 93 – attività sportive, di intrattenimento e di divertimento. cr/AGIMEG