Indagine Doxa, Leggi regionali: gli “sbagli” della normativa del Lazio. Gli ingiusti principi di retroattività in Piemonte ed Emilia Romagna

“Le leggi regionali sul gioco, nelle regioni esaminate dal report della Doxa, hanno evidenziato dei diversi aspetti. La normativa della Puglia appare sicuramente più razionale e lungimirante perché ha dimostrato come sia possibile applicare un impianto normativo smorzandone le componenti più inique e sostanzialmente ininfluenti in termini di efficacia. Alla base di tale risultato si ritiene ci sia stato un miglior dialogo tra le parti, una più accentuata attenzione al mondo del lavoro e dell’imprenditoria all’interno della filiera, senza trascurare la salute dei giocatori”.

“Altre regioni, come ad esempio il Lazio, sono considerate un emblematico esempio dell’impasse a cui le normative anti gioco d’azzardo hanno sostanzialmente portato, attraverso misure in concreto inapplicabili – perché di fatto rendono impossibile la riallocazione delle imprese – e proroghe che da un lato concedono respiro, ma che svelano in realtà il carattere sbagliato di ciò che si intende applicare”.

“Vi sono poi regioni, come il Piemonte e l’Emilia Romagna, che vengono considerate esempi negativi in termini di inflessibilità e rigidità nella gestione delle normative, a causa di un ingiusto principio di retroattività e della massima estensione del luoghi sensibili legati al distanziometro”.

“Alcuni dati richiamati dallo studio della CGIA Mestre e As.tro ne sono la testimonianza:

  • in Emilia Romagna si stima una riduzione degli esercizi generalisti di circa l’80% e delle sale dedicate di circa il 60% e un rilevante rischio di posti di lavoro, che coinvolge circa 3700 unità;
  • in Piemonte si stima un rischio per 2800-3800 posti di lavoro e una riduzione del gettito per le casse pubbliche che può arrivare fino a 446 milioni di reddito.

Le problematiche sono destinate ad aggravarsi quando scadranno le proroghe e quando il distanziometro verrà applicato integralmente: al di là del danno erariale, ciò che appare evidente è l’immenso danno che si avrà sul fronte del lavoro e dell’imprenditoria del comparto che ad oggi conta 6.000 imprese, più di 100mila addetti e 120mila punti vendita, ma che da anni si cerca sistematicamente di distruggere, nonostante sia pienamente lecito”. sb/AGIMEG