“Gambling”, “Galassia” e Alchemia” sono i nomi delle principali inchieste giudiziarie degli ultimi anni che hanno avuto come epicentro Reggio Calabria e che hanno portato alla luce gli interessi delle cosche ‘ndranghetiste nel settore del gioco. Il capoluogo calabrese è di fatto diventato il principale obiettivo delle inchieste legate al settore delle scommesse illegali e gestione sale giochi.
L’operazione “Gambling” è stata la prima, scattata nel luglio del 2015 ha portato all’arresto di 41 persone e al sequestro di beni per oltre 2 miliardi di euro. Al centro delle operazioni la BetUniq. La rete parallela delle scommesse si era ramificata in tutta Italia (ma poi il sodalizio aveva costituito anche una serie di società satellite in diversi paesi europei e in alcuni paradisi fiscali) era arrivata a contare oltre 1.500 ctd, e gestiva circa 70mila conti di gioco. E secondo gli inquirenti veniva utilizzata anche per riciclare i capitali delle cosche. Nel luglio 2017, il Tribunale di Reggio Calabria sostanzialmente conferma l’impianto accusatorio e condanna 30 imputati con pene che vanno dai 4 ai 12 anni. La Corte d’Appello – luglio 2019 – assolve sei persone (altre sei decidono di patteggiare) e nei confronti di altre 16 riduce le pene, la maggiore arriva a 9 anni e 4 mesi
L’operazione che ha avuto la maggiore eco mediatica è stata la “Galassia” del novembre 2018. Si tratta in realtà il frutto di inchieste differenti condotte tra Calabria, Puglia e Sicilia. Anche in questo caso il panorama è lo stesso, gli interessi delle organizzazioni mafiose nel settore dei giochi. A Reggio Calabria in particolare l’operazione ha portato all’arresto di “18 persone legate a tre diverse organizzazione criminali” spiegò all’epoca il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri. Ma vennero anche sequestrate 15 imprese operanti sul territorio nazionale, il patrimonio aziendale di 23 imprese estere, 33 siti di scommesse online, 24 immobili, conti correnti nazionali e esteri, il tutto per un valore che superava i 723 milioni di euro. I sodalizi sembravano avere il totale controllo del territorio, tanto che il Generale Giuseppe Governale della DIA spiegò che la raccolta delle scommesse veniva fatta “a terra, i punti allestiti erano di facciata, ma le giocate venivano raccolte quasi casa per casa. E tutto questo è possibile solo se la ‘ndrangheta lo vuole”. A settembre scorso la Procura di Reggio Calabria ha notificato l’avviso di conclusione delle indagini.
Nel luglio 2016 è invece scattata l’operazione “Alchemia” che ha fatto luce sugli interessi gestiti dalle cosche Raso-Gullace-Albanese, e anche in questo caso uno dei business strategici era la gestione di sale giochi e di piattaforme di scommesse online. Vennero disposte 42 misure cautelari.
A aprile 2018 con l’operazione “Monopoli”, i carabinieri hanno arrestato 4 imprenditori reggini ritenuti affiliati alle cosche Latella-Ficara e Tegano, e accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, fittizia intestazione di beni e autoriciclaggio. Il fulcro delle attività era una sala bingo, “utilizzata come bancomat” dai sodalizi. Determinanti per l’indagine le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia che hanno permesso di accertare come i proventi illeciti venissero reinvestiti nei settori dell’edilizia e del gioco. Nell’ambito dell’operazione sono state sequestrate numerose aziende, appartamenti, terreni edificabili, per un valore complessivo di oltre 50 milioni di euro.
Nel febbraio del 2019, la DIA di Reggio Calabria ha sequestrato beni per 20 milioni a uno dei soggetti coinvolti nell’operazione “Fata Morgana” condotta nel 2016. I sigilli sono stati apposti a 11 aziende attive nei settori della grande distribuzione alimentare, del commercio automezzi, delle costruzioni, e del gioco. lp/AGIMEG