Il Tar Lazio conferma la legittimità dell’Elenco degli Operatori

Il Tar Lazio si è ieri pronunciato contro l’annullamento del decreto con il quale A.A.M.S. nel settembre 2011 ha introdotto “Nuove disposizioni in materia di istituzione dell’elenco di cui al comma 82 della legge n. 220/2010”.

Il gestore di una sala giochi di Cannobio era ricorso al Tribunale amministrativo regionale lamentando l’inutilità dell’iscrizione all’elenco in virtù della presenza dei titoli di polizia di cui agli artt. 86 e 88 T.u.l.p.s..

Secondo il ricorrente gli speciali requisiti di affidabilità e moralità che deve possedere un incaricato alla raccolta dei giochi sono soddisfatti dalle disposizioni legislative contenute nel T.U.L.P.S.. e quindi con l’istituzione dell’albo AAMS attua impropriamente una irragionevole duplicazione di titoli autorizzatori.

Con il tanto discusso Albo degli Operatori, infatti, il legislatore ha sancito l’obbligatorietà dell’iscrizione in un elenco ad hoc, non più dei soli “terzi incaricati della raccolta”, bensì di tutti i soggetti che compongono la filiera dell’intrattenimento con vincite in denaro di cui all’art. 110, comma 6, lett. b) del Tulps.

 

Per il Collegio, il decreto impugnato non avrebbe affatto attitudine a ledere la libertà negoziale di tutti gli operatori della filiera “dell’intrattenimento con vincite in denaro”.

“Il decreto direttoriale 9 settembre 2011 – hanno affermato i giudici romani – ha disposto che l’iscrizione nell’elenco “costituisce titolo abilitativo per i soggetti che svolgono le attività in materia di apparecchi da intrattenimento in relazione alle relative attività esercitate” , ulteriormente soggiungendo che “Entro il 31 marzo di ciascun anno i soggetti che intendono mantenere l’iscrizione, devono inoltrare apposita istanza all’Ufficio Regionale di AAMS (…). L’art. 9, inoltre, stabilisce che “I concessionari per la gestione della rete telematica instaurano i loro rapporti contrattuali relativi alle attività comunque funzionali alla raccolta del gioco mediante apparecchi e terminali da intrattenimento esclusivamente con coloro che risultino iscritti nell’elenco di cui all’art. 3 e che si impegnino ad avvalersi di soggetti comunque iscritti per le attività previste nel presente decreto”; che “Il contratto stipulato con soggetti non inseriti nell’elenco di cui all’art. 3, ovvero in forma diversa da quanto previsto dal comma 4, è nullo” (comma 6); infine, che “Il rapporto contrattuale instaurato con soggetti che abbiano perso i requisiti di cui agli articoli 4 e 5 del presente decreto, è risolto di diritto”.

Ad analoga conclusione deve poi giungersi relativamente all’affermazione secondo cui l’art. 9 comprimerebbe la libertà negoziale del ricorrente (e degli operatori similari) nei rapporti con gli altri players della filiera “dell’intrattenimento con vincite in denaro”, essendo vietata la stipulazione di contratti con soggetti non iscritti.

Orbene, deve qui convenirsi con la difesa erariale che il ricorrente non ha nemmeno allegato di essere stato costretto, dopo l’entrata in vigore del decreto impugnato, a declinare concrete proposte contrattuali provenienti da soggetti privi del requisito di iscrizione ovvero, per converso, che tale decreto abbia comportato la risoluzione di contratti già stipulati.

A ciò si aggiunga che, sia la norma primaria (art. 1, comma 533 – ter della l.n. 266/2005), che l’art. 9 del decreto direttoriale 9 settembre 2011, limitano, semmai, la libertà negoziale dei concessionari (“I concessionari per la gestione della rete telematica non possono intrattenere rapporti contrattuali funzionali all’esercizio delle attività di gioco con soggetti diversi da quelli iscritti nell’elenco di cui al comma 533”), mentre il ricorrente non possiede tale qualità, essendo soltanto un soggetto che svolte un’attività funzionale alla raccolta del gioco e/o al funzionamento e al mantenimento in efficienza degli apparecchi e dei terminali di cui all’art. 110, comma 6, lettere a) e b), del T.U.L.P.S..

In definitiva, – hanno concluso -, essendo l’atto impugnato sprovvisto di autonoma e diretta capacità lesiva, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di interesse ad agire”.

rg/AGIMEG