“Non mi sorprende che in Italia si torni a parlare, in questo momento storico, di calcioscommesse. Vero, le sale sono chiuse, ma c’è un fortissimo e pericoloso aumento delle giocate online, su canali più difficili da monitorare. È lì che si nascondono situazioni poco limpide…”. E’ quanto ha detto Daniela Giuffrè, vice Questore della Polizia ed esperta di “match fixing“, a Il Giorno. “Credo che il fenomeno non sia mai scomparso. Ci sono di mezzo organizzazioni criminali importanti, perché la manipolazione delle partite di calcio e le scommesse si sono rivelate un nuovo business per le mafie, italiane, dell’Est Europa e orientali. Semmai è cambiato il modo di organizzare la truffa…”, ha sottolineato. “Ci sono controlli e le partite vengono monitorate. Ma è comunque facile aggirare l’ostacolo, perché esistono tantissimi siti asiatici dove è complicato risalire a chi scommette. E poi i criminali hanno capito che non è sufficiente assicurarsi che una certa squadra vinca o perda un match. Oggi, per facilitare i guadagni, è importante sapere chi ha segnato, a che minuto, le reti complessive, le ammonizioni e persino chi batterà il calcio d’inizio. Sa che ci sono fino a 110 opzioni su cui puntare? E dove non arriva la malavita, ecco il faccendiere che corrompe pochi giocatori e mette 20.000 euro. Tanti presidenti sanno tutto, tollerano e scommettono”, ha continuato. “La pandemia ha influito su certi comportamenti. Ci sono tanti club che si sono impoveriti, dalla serie A ai Dilettanti, i calciatori sono sempre più vulnerabili perché alcuni non prendono lo stipendio da mesi. E così per poter essere sicuri di poter gestire i vari eventi su cui scommettere, la malavita avvicina e corrompe i giocatori più “fragili“, economicamente e psicologicamente. In campo nessuno si accorge di nulla, perché con gli stadi e i palazzetti vuoti è sparito il “controllo“ dello spettatore, nessuno ti fischia se sbagli goffamente”, ha aggiunto. “L’inchiesta di Cremona ci ha insegnato molto. Una cosa su tutte: tutti i campionati erano coinvolti, altrimenti non si spiegherebbe perché alla Malpensa arrivavano personaggi dall’Ungheria o da Singapore con una valigia che pesava 30-40 chili e dopo due ore ripartivano con la stessa valigia… vuota. La verità è che il calcioscommesse serviva ad altro per le mafie… Il loro problema non era fare soldi, ma doverli ripulire: e il calcioscommesse per la criminalità è diventata una grande lavanderia. Perciò serviva un mercato legale, non quello in nero. Anche se di legale c’è poco…”, ha concluso. cdn/AGIMEG