Gioco online, oltre i PVR. Nuovi “diritti” fisici per gli operatori online “puri”

La pandemia e la conseguente chiusura delle sale (Bingo, Scommesse, VLT) e della possibilità di scommettere in luoghi fisici (Corner) ha, come noto, comportato un deciso aumento del gioco legale a distanza. E’ anche noto – come, peraltro, confermato da numerosi testimonial istituzionali – che la chiusura forzata delle sale ha favorito il gioco illegale e, tra questo, anche il gioco on line transfrontaliero non autorizzato o semplicemente “illegale”. Si tratta di gioco costituito da un mercato nero (con scommesse e giochi d’azzardo clandestini offerti senza licenza, anche a partire da paesi terzi) e da un cosiddetto mercato “grigio” (operatori titolari di regolare licenza in uno o più Stati membri che promuovono e/o forniscono servizi di gioco d’azzardo ai cittadini di altri Stati membri senza averne ottenuto la specifica autorizzazione). Questo mercato transfrontaliero non autorizzato resta accessibile ai consumatori, nonostante le attività di contrasto poste in essere dall’Amministrazione e dalle Forze di polizia.

Ai sensi del diritto UE, come confermato dalla Corte di giustizia europea, i servizi di gioco d’azzardo rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 56 del TFUE e sono quindi disciplinati dalle norme sulla prestazione dei servizi. Secondo tali norme, gli operatori autorizzati in uno Stato membro possono fornire i loro servizi ai consumatori di altri Stati membri, a meno che detti Stati non impongano restrizioni giustificate da ragioni imperative di interesse pubblico, quali la tutela dei consumatori o la generale esigenza di preservare l’ordine pubblico.

La Corte ha riconosciuto alcuni motivi imperativi di interesse generale, quali gli obiettivi di tutela dei consumatori e la prevenzione della frode e dell’istigazione a sperperare al gioco, nonché la generale esigenza di preservare l’ordine pubblico. La riduzione delle entrate fiscali non figura tra i motivi di cui all’articolo 52 del TFUE e non costituisce un motivo imperativo di interesse generale. Tutti i problemi sociali riconosciuti possono essere tali da giustificare la necessità che le autorità nazionali dispongano di un sufficiente margine di discrezionalità nel determinare la tipologia di servizi offerti in questo settore necessaria per la tutela dei consumatori e dell’ordine pubblico (Causa C-275/92; Causa C-124/97; Causa C-67/98).

Nel Libro verde sul gioco on line (Libro Verde sul gioco d’azzardo on-line nel mercato interno, SEC(2011) 321 definitivo; Bruxelles, 24.3.2011 – COM(2011) 128 definitivo) si legge che secondo la Commissione il gioco on line deve essere così definito: “per “servizio di gioco d’azzardo on-line” si intende un servizio che implica una posta pecuniaria in giochi dipendenti dalla fortuna, comprese le lotterie e le scommesse, forniti a distanza, mediante strumenti elettronici e su richiesta del singolo destinatario di servizi.

Secondo lo stesso Documento, “Con le espressioni “a distanza” e “su richiesta del singolo destinatario” si intende una richiesta on-line da parte del destinatario rivolta all’operatore di gioco d’azzardo on-line senza ricorrere a intermediari, quale il personale di un punto vendita. Se l’operazione a distanza viene effettuata per il tramite di una rete di persone fisiche che fungono da intermediari utilizzando strumenti elettronici, si ritiene che essa non rientri nella definizione”.

Questa affermazione dà lo spunto per qualche riflessione su cosa sia il gioco a distanza e come può essere declinato nel futuro, magari nell’ambito del previsto d.d.l. di “riordino”.

E’ noto che ad oggi vige l’art. 2, comma 2-bis del D.L. n. 40/2010, il quale stabilisce che “il gioco con vincita in denaro può essere raccolto dai soggetti titolari di valida concessione … esclusivamente nelle sedi e con le modalità previste dalla relativa convenzione di concessione, con esclusione di qualsiasi altra sede, modalità o apparecchiatura che ne permetta la partecipazione telematica”.

La convenzione di concessione per il gioco a distanza prevede (art. 2) che “La concessione ha per oggetto le attività e le funzioni per l’esercizio tramite raccolta a distanza, con esclusione di raccolta presso luoghi pubblici con apparecchiature che ne permettano la partecipazione telematica”.

Sulla base di tali disposizioni, si ha oggi una radicale separazione tra gioco fisico e gioco a distanza, che non può essere esercitato presso luoghi pubblici né, tantomeno, attraverso operatori “intermediari” (fattispecie che assume i contorni della violazione penale).

Occorre chiedersi, a questo punto, se tale impostazione – ammesso che sia ancora valida e legittima – sia in linea con i tempi e con le evoluzioni del mercato digitale e delle nuove modalità di gioco.

Si osserva, in primo luogo,  che i giochi on line sono quelli “forniti a distanza, mediante strumenti elettronici e su richiesta del singolo destinatario di servizi … senza ricorrere a intermediari”. In altre parole, nel gioco a distanza l’elemento qualificante è rappresentato dal fatto che il giocatore si interfaccia direttamente con il concessionario, utilizzando il proprio conto di gioco. E’ vietata, infatti, qualunque forma di intermediazione.

Il “luogo” in cui il giocatore, con propri dispostivi (per esempio, il cellulare), utilizzando il proprio conto di gioco, effettua scommesse o partecipa ad altri giochi on line, non può assumere alcuna rilevanza.

Se un giocatore, dal proprio telefonino, utilizzando il proprio conto di gioco, effettua una scommessa stando in strada oppure al supermercato o, ancora, in un bar o in una sala giochi non fa alcuna differenza.

Ecco perché potrebbe essere consentito utilizzare ambienti di gioco, come le sale, per effettuare puntate dal proprio conto di gioco, magari utilizzando dispositivi del concessionario (fisico), sempreché sia il giocatore direttamente ad effettuare le puntate, movimentando somme esclusivamente dal proprio conto di gioco.

Una evoluzione in tal senso potrebbe dare maggior respiro ai concessionari, sviluppando sinergie, e consentire ai concessionari on line “puri” di aprire locali, che non potrebbero raccogliere scommesse ma offrire ai giocatori on line ambienti dedicati e assistenza sulle modalità di gioco.

In questo caso, non sarebbe per niente scandaloso prevedere il pagamento di “diritti” per ogni punto di gioco on line diverso dalle sale scommesse, con ciò impinguando il bilancio dello Stato e superando una certa ipocrisia che pervade il settore. rf/AGIMEG