Gioco online, Consiglio di Stato conferma sanzione per un operatore che ha violato il divieto di intermediazione

Un operatore di gioco online ha presentato un ricorso al Consiglio di Stato per la riforma della sentenza del Tar del Lazio e l’annullamento della nota mediante la quale l’Amministrazione resistente ha comminato una sanzione pecuniaria di 15.000 euro per l’inosservanza di cui all’art. 5 co. 2 lett. g) dell’atto integrativo della convenzione di concessione (divieto di intermediazione per la raccolta di gioco a distanza nonché divieto di raccolta presso i luoghi fisici anche per tramite di soggetti terzi incaricati).

Secondo i giudici di Palazzo Spada “appare invero provata la violazione, da parte dell’appellante, del divieto di raccolta del gioco con modalità diverse da quelle autorizzate, nonché del divieto di intermediazione nella raccolta del gioco a distanza, non addebitabili unicamente ai gestori dei locali, che risultavano comunque connessi ai sistemi telematici dell’amministrazione appellante e potevano ricevere scommesse soltanto in quanto connessi con i suoi terminali”.

“In tal senso, appare puntuale il riferimento del giudice di prime cure alla rilevata violazione dell’art. 2, comma 2-bis del decreto legge n. 40/2010, per determinare l’illiceità dell’attività posta in essere dall’appellante, in quanto la stipula di un apposito contratto che consenta di promuovere il gioco in sedi diverse da quelle del concessionario non può in ogni caso porsi in contrasto con le chiare e tassative disposizioni dettate dalla richiamata normativa primaria“.

Inoltre, secondo i giudici di Palazzo Spada “va pure condiviso quanto espressamente rilevato dal primo giudice circa la sussistenza dell’obbligo, a carico della concessionaria, alla luce di quanto previsto nella convenzione accessoria alla concessione, di assicurare l’osservanza dei divieti anche da parte di tutti gli operatori della propria filiera, determinandosi in capo a questa la piena responsabilità del comportamento di tali soggetti, non configurabile come una responsabilità oggettiva o per fatto altrui, bensì, alla luce delle norme richiamate, come responsabilità connotata dal profilo della personalità discendente dai diretti obblighi di vigilanza e di controllo, responsabilità evidentemente non attenuata dalla circostanza, verificatasi ex post, della risoluzione de contratto con l’operatore autore delle condotte contestate”.

Per questi motivi il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso e confermato quanto stabilito dal Tar del Lazio. ac/AGIMEG