Lettera di un imprenditore del settore del gioco allo Stato: “Non lotteremo più per sopravvivere”

Riceviamo e volentieri pubblichiamo: “Non parlo al Governo: c’è la cattiva abitudine di confondere Stato e Governo. Mi rivolgo allo Stato Democratico moderno basato sullo Stato di Diritto in cui i cittadini eleggono i propri rappresentanti per legiferare in materia di diritto, di politica, di economia, di stato sociale. Chiunque ci sia al Governo è comunque temporaneamente delegato a gestire uno Stato Democratico. I Governi cambiano, lo Stato rimane. I cittadini, le famiglie, le imprese, i capitali guardano allo Stato per collocarsi all’interno della società nel pieno rispetto delle leggi per partecipare e per vivere con regole condivise. Siamo stati governati male? Abbiamo perso fiducia in quei rappresentanti che noi stessi abbiamo scelto? Bene, cambiamo il Governo o diamoci un “Governo del cambiamento” ma non prendiamocela con lo Stato perché lo Stato siamo noi, quelle regole ci servono per sopravvivere, per crescere, per sperare, per migliorarci.
I Governi cambiano, si succedono, godono di alterne fortune: lo Stato rimane e con lui i suoi più alti rappresentanti a cominciare dal Capo dello Stato che non è il Capo del Governo (infatti). Un buon cittadino, una famiglia sana, una impresa seria, investitori onesti e motivati seguono le regole dello Stato e si adeguano cercando di rispettare tutte le regole condivise perché anche il proprio successo o il proprio insuccesso sia condiviso, compreso, sostenuto, accettato: sia, in ultima analisi, comprensibile.
Quando ho cominciato a lavorare nel settore del gioco il Monopolio di Stato muoveva i primissimi passi verso la regolamentazione del settore. C’era una netta distinzione tra i Giochi di Stato ed il gioco clandestino: i giochi di Stato erano pochi e in mano a pochi mentre i giochi clandestini erano tanti e in mano alla malavita organizzata o, nel migliore dei casi, a gruppi internazionali con sedi esotiche. Da cittadino, ho seguito l’evoluzione della normativa e ho partecipato ai primi Bandi indetti per le licenze del gioco terrestre: era l’oramai lontano 2006, anno di svolta, l’anno del Decreto Bersani.
Nasceva un nuovo modo di intendere il gioco telematico e quello terrestre anche se con tanti difetti, con una concorrenza ancora largamente alterata dalla maggiore e più competitiva offerta dei siti stranieri con o senza licenza comunitaria.
Parlo di una piccola impresa e non di un colosso con grandi capitali alle spalle: mi riferisco ad una ipotetica PMI del settore del gioco.
Per 6 anni abbiamo potuto aprire delle Agenzie o dei Corner solo nel comune di assegnazione del Bando trovando, spesso e volentieri, i “posti” occupati da siti esteri: i cosiddetti .com
Un Bando immaginato come se non esistesse nessun punto a terra gestito da siti esteri ovvero nessun sito telematico già frequentato da giocatori italiani. Ci abbiamo ugualmente creduto, abbiamo sofferto, dovuto rivedere i nostri piani, giustificarci con gli investitori che non si capacitavano di come uno STATO potesse mettere le imprese legali nella condizioni di soccombere “per legge” a quelle che non aderivano alla normativa.
Quando finalmente il Governo di turno comprese lo sbilanciamento, liberò la territorialità connessa al diritto consentendoci di aprire in qualunque comune. Chi era sopravvissuto poteva ora competere con qualche arma in più.
Nel frattempo, tuttavia, il territorio era stato letteralmente invaso da Agenzie prive di licenza italiana, i cosiddetti CTD che il Governo di turno prometteva di estirpare per lasciare spazio a quelle imprese con licenza italiana che rispettavano le leggi italiane.
Anche in quei giorni volemmo credere nello Stato e non fare la più facile scelta di emigrare all’estero per metterci fuori dalle regole condivise.
I CTD godevano di una tassazione largamente inferiore e di una offerta di gioco molto più vasta di quella consentita, per legge, alle imprese italiane.
Fiduciosi nello Stato, abbiamo atteso che il mercato fosse ripulito dall’offerta priva di licenza italiana.
Passava il tempo, versavamo comunque grosse cifre di imposta unica al nostro Stato pur non potendo competere ad armi pari: molti di noi hanno dovuto cedere, altri vendere, altri farsi da parte nelle loro stesse imprese.
Lo Stato perse la battaglia con i CTD in modo così netto e smaccato che nel 2014 invece che premiare le imprese italiane che erano sopravvissute, legiferò per una SANATORIA in cui le imprese senza licenza italiana potevano sanare il passato ed entrare nel sistema pagando circa 1/3 di quanto avrebbero dovuto versare se fossero state parte del sistema italiano e avendo potuto conquistare quote importanti del mercato vendendo, di fatto, in DUMPING a danno dei licenziatari italiani.
Una beffa assoluta per chi era rimasto sul mercato attendendo il proprio turno per competere ad armi pari. Con i denari sottratti alle aziende italiane con concessione italiana, i siti stranieri potevano consolidate le proprie posizioni: un obolo allo Stato e uno schiaffo a quegli imprenditori che ci avevano creduto. Fu un Governo a far questo allo Stato. Per questo oggi mi rivolgo allo Stato e non al Governo di turno.
In ogni caso, chi ancora sopravvisse all’ennesima beffa virò sul gioco telematico puro uscendo dal mercato terrestre oramai in mano a colossi italiani o a ex siti stranieri sanati.
Il Governo di turno indisse un bando per il gioco telematico con una prospettiva di 5 anni di validità. Si fecero piani, si coinvolsero fondi, banche, imprenditori all’interno di un mercato regolamentato, rispettando una delle normative anti riciclaggio più evolute al mondo, preparandosi a gestire il dato con una delle normative sulla privacy più stringente al mondo voluta dall’Europa, con un sistema di certificazione dei giochi molti stringente e di rispetto e tutela del giocatore particolarmente attento. Una impresa complicata che richiedeva competenze, investimenti, preparazione, piani pluriennali, ammortamenti pluriennali: impegni e rischi molto alti. Espletato il Bando, pagata la licenza, in attesa dei lunghi tempi di assegnazione del diritto, con i costi in piena corsa, il Governo di turno vieta la pubblicità del gioco telematico: unico modo di far conoscere il proprio prodotto. Così si sono acquistate licenze seguendo un Bando di Stato ma senza poterle esercitare. Lo Stato concede, lo Stato vieta e il cittadino si adegua. Festeggiano i siti privi di licenza italiana che hanno resistito alle sirene della legalità e che non hanno voluto far parte dello Stato: avvantaggiati dal Governo di turno. Si demoralizzano gli ultimi imprenditori rimasti a credere allo Stato e molti stanno già pensando di cambiare Paese. Altri stanno pensando a come aggirare le regole per trarne il massimo beneficio a danno dello Stato sperando,immaginando che il prossimo Governo legiferi per una sanatoria: l ennesimo obolo e l ultimo schiaffo in ordine di tempo a quel che rimane del tessuto imprenditoriale sano.
Caro Stato, anche io mi arrendo e senza acredine verso l’ultimo Governo che dello Stato e delle regole si fa beffa, a torto o a ragione sull’idea stessa che del Gioco Legale può a pieno titolo maturare. Prima delle idee c è però il rispetto dello Stato quello che noi abbiamo sempre avuto e che oggi, anche grazie a questo Governo, non conviene avere: la conseguenza non è l illegalità ma la cessazione. Non ci avrete più, non lotteremo più per sopravvivere a Governi e leggi contraddittorie ed estemporanee ne’ per questo passeremo dall’altra parte della barricata. Sommessamente togliamo il disturbo”. lp/AGIMEG