“La ludopatia? Certo che esiste, ma qualcuno sa dirci quanti sono in Italia i malati patologici, i gap (giocatori d’azzardo patologici, ndr)? No, perché non esiste ancora una casistica ufficiale, anzi si tende a fare confusione, ad aumentarne a sproposito il numero. Per qual fini? Non so, mi verrebbe da dire politici ma sicuramente non economici visto che in questo calderone si rischia di buttare a mare un settore industriale di questo Paese che genera entrate fiscali miliardarie, per non parlare di tutto l’indotto che supporta e determina”.
A parlare così è Paolo Crepet, famoso psichiatra, scrittore e sociologo italiano che sull’argomento Gioco si è spesso occupato e continua a farlo. Da medico soprattutto ci tiene a ribadire un concetto importante. “Il ludopata è un malato ben preciso – dice – che rientra nella categoria dei malati impulsivi-compulsivi alimentati a vario genere spesso da altre dipendenze quali la bulimia ad esempio, o la tossicodipendenza da cocaina. Ma allo stato attuale non c’è un numero preciso. Da tempo vado affermando, anche se so che l’Istituto Superiore di Sanità sta lavorando ad un’interessante ricerca su questo, che se non si stabilisce con chiarezza quanti gap ci sono in Italia, quanti giovani, anziani, donne, poveri, ecc., non si è in grado nemmeno di stilare un protocollo come per ogni patologia che si rispetti”. Ma allora come si fa? “Ci si muove con cautela – dice Crepet all’Agenzia Giornalistica Repubblica – questo è un mondo vario, non omogeno. Non basta dire che uno perde soldi alle macchinette per dire che è un ludopata, o che le persone povere giocano più delle ricche. Ho già detto più di una volta che non esiste una persona dipendente solo dalle slot. Questi malati sono infatti spesso sì multiproblematici ma anche multidipendenti, giocano a poker, prendono Gratta & Vinci, slot ecc.”
Eppure c’è chi sostiene che è necessario stanziare fondi o finanziamenti a quelle strutture che combattono la ludopatia… “Ho sentito spesso parlare di 50 milioni di euro da destinare a questo scopo. Siamo alla follia. Soldi destinati a cosa? E soprattutto a chi? Non facciamo confusione, non serve elargire euro a pioggia per sradicare un problema. E poi dati in gestione a chi? Ai Sert? Alle Comunità di recupero? Non scherziamo, questi sono favoritismi politici che poco attengono alla ludopatia. Stabiliamo quanti sono i malati, come e dove si realizza un adeguato processo di cura e poi pensiamo ai finanziamenti. Tra l’altro andrebbe spiegato che queste persone difficilmente ammettono di essere dipendenti, raccontano anche un sacco di balle, e dal punto di vista psichiatrico non sono soggetti semplici. E’ un lavoro lungo e difficile. E poi…” E poi lei non pensa si stia ragionando di grandi numeri insomma. “Infatti, io credo che i gap in Italia siamo molti di meno di quello che si vocifera da tempo. Oltre al fatto che non tutti quelli che giocano spesso sono da far rientrare in questa categoria. La vecchietta che si gioca parte della pensione al Gioco non fa certo una bella cosa ma sono i suoi soldi e magari invece di andarsene al cinema o fare gite preferisce passare un pomeriggio dentro una sala Bingo con le amiche. Certo c’è poi chi se ne approfitta. So di vere e e proprie organizzazioni di persone, specie nel Nord Est, che reclutano queste ‘vecchiette’ per portarle in pullman in giro per casino e sale bingo….”
Il mondo del Gioco fa gola a molti in verità. Lega, Cei e M5S ad esempio cavalcano da tempo campagne “anti” che non hanno valenze né sanitarie né economiche secondo Crepet. “Assolutamente. Sul fronte medico non sappiamo come detto quanti sono realmente i ludopati. Sul fronte economico l’industria del Gioco legale è imprescindibile per il nostro Paese, è una delle industrie più vitali e che generano tra l’altro un indotto importantissimo. Io per lavoro giro spesso l’Italia e posso garantire che se, come qualcuno paventa, si togliessero i Gratta & Vinci dai bar, molti di questi esercizi commerciali chiuderebbero ol giorno dopo. E non si può rispondere col “peggio per loro” perché i bar esercitano una funzione sociale determinante per la vita di tante persone, forse una delle ultime in questo mondo sempre più virtuale ”.
A proposito di sociale, cosa pensa di questi limiti territoriali, inutili anche questi? “Direi proprio di sì. Cosa significa vietare un centro scommesse o di slot vicino una scuola o una chiesa? Ma i Giochi sono già vietati ai minori poi. Come del resto no ha senso farne diventare materia regionale e non nazionale ogni decisione in merito. Si arriva così all’assurdo che la Regione Liguria dal 1 maggio aveva deciso di imporre un giro di vite mortale per tutte le slot sul territorio, tranne poi ripensarci probabilmente con una proroga di un anno. Dovremmo avere in futuro un Paese a macchia di leopardo? Qui si gioca e qui no? Senza dimenticare che stiamo parlando del gioco legale…”
Appunto, restandondo in tema di ludopatia lei pensa che il lavoro delle concessionarie sia importante per arginare il fenomeno oppure no. “Senza dubbio. Bisognerebbe chiedere alle organizzazioni criminali in tal senso… Scherzi a parte, certo le concessionarie hanno le loro responsabilità, nel nome del business sono stati fatti gravissimi errori, ma è anche giusto riconoscere che rappresentano un’importante fonte di guadagno per lo Stato, per le migliaia di persone che ci lavorano, oltre che avere preso recentemente ottime iniziative in contrasto al gioco minorile e avverso la ludopatia stessa. Anche loro hanno problemi: basti pensare al tema della pubblicità in tv, alla concorrenza dei siti stranieri che fanno guadagni in Italia ma pagano le tasse altrove, allo sviluppo del gioco online, ecc.. Penso che si potrebbe anche fare qualcosa di concreto comunque proprio da parte dei produttori di slot e vlt. Senza arrivare a forme di proibizionismo sul numero di giocate o di vittorie (perché il giocatore spesso non gioca per vincere ma per perdere, così come il bulimico non mangia per mangiare ma per vomitare…) si potrebbe pensare ad intervenire su quel meccanismo perverso di giocata-coin-giocata-coin che nel giocatore diventa senza limiti. Ecco intervenire lì, bloccando quelle ripetizioni all’infinito, costringendolo a pensare quindi. Come quando al fumatore togli il pacchetto di sigarette per 5 minuti. Occorre cogliere l’attimo per intervenire. Altri sistemi sono giochi politici ed etici che poco mi interessano”. lp/AGIMEG