“La spesa del gioco è quasi triplicata nel periodo 2003 – 2011, principalmente in relazione all’introduzione delle AWP. L’impatto degli altri giochi sul trend è invece minore”. Lo ha detto Giovanni Carboni dell’EGLA (European Gambling Lawyers and Advisors), intervenendo al Tavolo Nazionale sul Gioco organizzato da Open Gate ieri a Roma. Carboni ha mostrato come la spesa dei giocatori abbia raggiunto l’apice nel 2011, superando i 18 miliardi di euro, da allora ha subito un calo abbastanza accentuato e nel 2013 si è attestata poco al di sopra dei 16 miliardi. “Nonostante l’introduzione delle videolottery” ha commentato, “si è verificata un’inversione del trend nel 2012, a seguito della campagna di reazione nei confronti del gioco”. Carboni ha quindi esaminato i risultati delle ricerche ESPAD e IPSAD condotte dal CNR , e quella condotta dal CIRMPA dell’Università La Sapienza di Roma, sponsorizzata da un operatore del gioco. “Le indagini epidemiologiche sul gioco problematico sono difficili, perché in un campione di migliaia di individui i giocatori problematici sono solo poche decine” ha detto Carboni. La ricerca ESPAD è condotta su un campione molto vasto di studenti di età compresa tra i 15 e i 19. nell’edizione del 2008 e in quella del 2013 i non giocatori sono risultati essere il 59% e il 56%; i giocatori non a rischio sono passati dal 29,7% al 35,6%; i giocatori a rischio dal 6,6 al 5,1%; i giocatori problematici dal 4 al 3,3%. “Il tasso di giocatori e il tasso di giocatori a rischio decresce a partire dal 2008. I tassi sono simili a quelli registrati in altri Paesi europei e occidentali. L’indagine però” ha sottolineato Carboni, “non chiarisce se i minori giocano giochi legali o illegali”. L’indagine IPSAD è stata condotta su un campione di 40.000 persone di età compresa tra i 15 e i 64 anni. Tra il 2007 e il 2013, i non giocatori sono passati dal 57,9 al 60,9%; i giocatori dal 33,8 al 32,9%; i giocatori a basso rischio dal 6,1 al 4,3%; i giocatori a rischio moderato dall’1,95 all’1,5%; i giocatori problematici dallo 0,25 allo 0,4%. “Molti giocatori ricreazionali si allontanano dal gioco” ha detto Carboni. “Il trend del tasso del gioco problematico sembra allinearsi al trend della spesa e non è dissimile da quello di molti Paesi europei e occidentali. La misura dello 0,4% (2013) corrisponde a 150.000 giocatori problematici”.La ricerca CIRMPA ha coinvolto invece circa 2mila giocatori di età compresa tra i 18 e i 74 anni. “L’indagine CIRMPA non misura direttamente il tasso di prevalenza dei giocatori e pertanto non fornisce direttamente il tasso del gioco problematico rispetto all’intera popolazione. A tal fine i ricercatori utilizzano il tasso di giocatori sulla totalità della popolazione fornito da un’altra ricerca” ha spiegato Carboni. Sulla base di tale ricerca i giocatori problematici passano dall’1,3 all’1,7%. “Il tasso del gioco problematico misurato dalla indagine CIRMPA è molto più alto di quello misurato dall’indagine IPSAD, i protocolli delle due ricerche hanno molte differenze” ha commentato Carboni. “Le letture riguardanti i tassi del gioco problematico sono distorte e talvolta manipolate. Si confonde il tasso rispetto alla popolazione totale con quello rispetto ai giocatori, si considerano spesso intercambiabili gli aggettivi “problematico” e “patologico”, si sommano impropriamente i tassi dei giocatori problematici ed a rischio moderato. Le misurazioni sono difficili e anche quelle curate da istituti qualificati, anche se adottano campioni numerosi sono affette da una notevole incertezza. Gli stessi protocolli utilizzati non sono standardizzati a livello né italiano né internazionale e rendono i risultati poco confrontabili. Le dichiarazioni riguardo all’ampiezza e gravità del fenomeno sono esagerate e l’allarme è sproporzionato, tanto più se il fenomeno è confrontato con quelli dell’alcolismo, del tabagismo e delle droghe”. rp/AGIMEG
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