Gara Scommesse: il Consiglio di Stato “punta” sulla proroga delle concessioni – di Roberto Fanelli

Per il settore del gioco le occasioni di preoccupazione sono sempre numerose. Al momento, quella più impellente è conoscere la data delle riaperture di sale scommesse, sale VLT, sale Bingo, corner ed apparecchi da intrattenimento. Subito dopo c’è la questione della prossima scadenza di alcune concessioni, prima fra tutte quelle delle Scommesse, per le quali l’ultima proroga prevista per l’emergenza COVID verrà a termine il prossimo 30 giugno, salvo ulteriori prolungamenti (da inserire, magari, nel prossimo decreto legge).

Proprio in relazione a tale comparto, è noto che l’art. 1, comma 932, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, aveva previsto l’indizione di una gara che l’art. 1, comma 1048, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, per tenere conto dell’intesa sancita in sede di conferenza unificata Stato-Regioni-Enti locali, raggiunta in data 7 settembre 2017, aveva prorogato al 30 settembre 2018.

A tal fine, il comma 1049 dello stesso art. 1 aveva stabilito che, al fine di consentire l’espletamento della procedure di selezione, “le regioni adeguano le proprie leggi in materia di dislocazione dei punti vendita del gioco pubblico” alla predetta intesa.

Il tentativo del legislatore era quello di “suggerire” alle Regioni di dimostrare un minimo di coerenza tra le leggi dalle stesse emanate – in alcuni casi espulsive del gioco pubblico dal proprio territorio – e le decisioni che le medesime Regioni avevano assunto, condiviso e sottoscritto in sede di Conferenza unificata.

Ebbene, nessuna modifica alle leggi regionali risulta essere, finora, stata adottata per adeguare le norme all’intesa raggiunta nel 2017.

Nonostante questo, il Ministero dell’economia e delle finanze, in forza degli obblighi che gli derivavano dalla legge – cioè bandire la gara per l’attribuzione delle nuove concessioni in materia di Scommesse entro il 30 settembre 2018 – inviava gli schemi della documentazione di Gara al Consiglio di Stato, ai sensi dell’art. 7 del D.L. n. 16/2012, convertito dalla legge n. 44/2012.

Tale disposizione, infatti, prevede quale condizione necessaria, anche se non vincolante, che sugli atti di gara per l’attribuzione di concessioni di gioco, sia acquisito il parere “obbligatorio” del Consiglio di Stato.

Nonostante si tratti di un parere “non vincolante”, il Consiglio di Stato, nell’adunanza del 27 marzo 2019 (il documento è reperibile sul sito del Consiglio di Stato), decideva di sospendere la pronuncia del richiesto parere, in attesa dei chiarimenti richiesti al Ministero dell’Economia e, in via indiretta, all’Agenzia delle dogane e dei monopoli.

Questi chiarimenti sono per la gran parte di natura tecnica e, in questa sede, per il momento, di scarso interesse.

Quello che invece è di grande interesse sono i chiarimenti richiesti in relazione ai “Rapporti con le autonomie territoriali” (punto 7.1 del “Parere sospeso”).

Il Consiglio di Stato sottolinea, da un lato, il mancato adeguamento delle leggi regionali all’intesa raggiunta in conferenza unificata (come invece aveva previsto il citato art. 1, comma 1048, della legge n. 205/2017) e, dall’altro, il mancato recepimento dell’Intesa “Stato-Regioni” con il Decreto ministeriale previsto dall’art. 1, comma 936, della legge n. 208 del 2015.

Conseguentemente, nel Parere il Consiglio di Stato si chiede come “i 10.000 “diritti” (negozi) e i 4.000 “diritti” (punti gioco) previsti nella procedura di gara debbano “atterrare” sul territorio: come, in sostanza, la rete o le reti territoriali di questi punti di vendita debbano obbedire a un qualche criterio distributivo, tra le regioni e all’interno delle regioni, per aree territoriali, in modo da evitare eccessive concentrazioni in alcune aree e condizioni di assenza di servizio in altre. Non v’è dubbio sul fatto che uno dei punti problematici che sembrano emergere riguarda proprio il rapporto con i Comuni e la nota tendenza degli enti locali a introdurre in via amministrativa limiti di concentrazione e limiti distanziali da aree sensibili (sulla legittimità dei limiti distanziali cfr. da ultimo Consiglio di Stato, sez. VI, 19 marzo 2019, n. 1806, di conferma di TRGA Bolzano 19 gennaio 2017, n. 19; Tar Lazio, sez. II, 25 febbraio 2019, n. 2556)”.

Tutti capiscono come l’osservazione del Consiglio di Stato centri il “cuore” del problema relativo alla distribuzione del gioco in Italia, dove le Regioni legificano in modo autonomo, disponendo (in certi casi) l’espulsione dei punti vendita dal proprio territorio mentre lo Stato si disinteressa della questione, non emanando norme di raccordo o di portata generale, a salvaguardia di un settore che (quasi) tutti riconoscono come utile (se non indispensabile) per impedire che il comparto finisca nelle braccia della criminalità organizzata.

In proposito, si registra la tendenza pressoché costante di tutti i Governi che si sono succeduti negli ultimi 10 anni di non impugnare le leggi regionali che intervengono in misura ultra riduttiva sul comparto del gioco legale, nonostante queste possano provocare riduzioni di gettito.

E’ anche evidente che porre questa problematica nell’ambito di un Parere “non vincolante” relativo alla gara Scommesse, come ha fatto il Consiglio di Stato, è sicuramente riduttivo.

Si tratta, infatti, di una (anzi, “della”) questione squisitamente politica, che non può essere risolta né dagli Uffici tecnici del Ministero né dall’Agenzia concedente (ma solo in sede di riordino normativo del comparto). Peraltro, non c’è riuscita nemmeno la Conferenza Unificata, sebbene le Regioni abbiano tutte sottoscritto all’unanimità il documento approvato (poi disatteso dalle stesse Regioni).

Qualche perplessità nasce anche in relazione agli atti del Consiglio di Stato. Da un lato, la sua giurisprudenza (sebbene con talune eccezioni e qualche distinguo) conferma la legittimità delle scelte delle regioni, soprattutto in materia di distanze, dall’altro, in sede consultiva, lo stesso Consiglio di Stato si chiede, come si è già detto, come le sale ed i corner debbano “atterrare” sul territorio, alla luce delle “nota tendenza degli enti locali a introdurre in via amministrativa limiti di concentrazione e limiti distanziali da aree sensibili”.

Giunti a questo punto, la soluzione è una e una sola, reperibile anch’essa nelle pieghe del parere “sospeso” del Consiglio di Stato: il termine di scadenza delle concessioni (già prorogato al momento di emanazione del Parere) “sarebbe in astratto suscettibile di un’eventuale proroga, ove ciò si rendesse necessario (salve le valutazioni dell’amministrazione riguardo ad eventuali profili anticoncorrenziali e anticomunitari che fossero insiti in una tale scelta)”. Se proroga dev’essere, però, diciamolo subito. rf/AGIMEG