Giochi, Carboni (Egla) “La pubblicità impatta in maniera residuale sul mercato”

 

Ieri si è svolto alla presenza del sottosegretario Baretta il convegno dell’Associazione dei telespettatori AIART che per bocca del presidente Borgomeo chiede “a gran voce che sia vietata la pubblicità al gioco d’azzardo, in primis quella televisiva sul servizio pubblico”. Secondo Giovanni Carboni, Managing Partner di Carboni&Partners – EGLA, “anche questa volta lo schieramento che si batte contro il gioco avanza istanze ideologiche e non le supporta con i fatti”. E prosegue: “Vediamo allora i fatti:

1) Conosciamo il reale impatto della pubblicità sulle categorie a rischio? Bene, il Committees of Advertising Practice – CAP, che assieme all’Advertising Standards Authority – ASA è responsabile della definizione e gestione delle regole della comunicazione commerciale in UK, nella ricerca An assessment of the regulatory implications of new and emerging evidence for the UK Advertising Codes, afferma che: «nel peggiore dei casi i tassi di partecipazione al gioco delle categorie a rischio e dei minori sono rimasti stabili, nonostante la crescita senza precedenti della pubblicità». Il Gambling Act del 2005 entrato in vigore nel 2007 ha infatti allentato le restrizioni alla pubblicità dei giochi, cosicché il numero degli impact, ovvero le volte in cui gli inglesi hanno visto uno spot di 30 secondi, è passato da 5,8 a 30,9 miliardi, tra il 2005 e il 2012. Ma nonostante la pubblicità sia quintuplicata il numero dei minori che gioca è diminuito e il numero dei giocatori problematici è rimasto lo stesso, circa lo 0,6% della popolazione.

2) Si fa tanta pubblicità del gioco in Italia? Così non pare. Nel 2013 gli operatori di gioco e scommesse hanno investito nella pubblicità rivolta ai giocatori britannici oltre 235 milioni di sterline. Nello stesso anno l’industria del gioco italiana aveva investito in pubblicità circa € 105 milioni. L’investimento pubblicitario nel gioco in Gran Bretagna è oltre il triplo di quello italiano.

3) È interessante osservare com’è suddiviso l’investimento pubblicitario in Italia. Oltre il 50% è pubblicità televisiva, oltre il 25% è pubblicità su internet. Quali giochi fanno pubblicità?  Soprattutto le lotterie e il gioco online. Invece casinò e sale giochi, Newslot e VLT, che generano oltre metà dei ricavi del gioco, rappresentano meno del 10% dell’investimento pubblicitario. Invece il gioco online rappresenta quasi il 40% dell’investimento pubblicitario, ma ha stabilmente una quota pari a solo il 4% della spesa totale del gioco. In proporzione Slot e AWP investono in pubblicità 50 volte di meno del gioco online. E come si spiega? La pubblicità di slot e VLT sono infatti le insegne e le vetrine, e le macchine stesse nei bar. Il gioco online senza pubblicità non può rendere neppure nota l’esistenza della propria offerta né come accedervi. E la pubblicità televisiva è l’unico modo per distinguersi dall’offerta illegale. Vietare la pubblicità del gioco significa colpire il gioco online legale a vantaggio del gioco illegale.

4) La pubblicità del gioco è ingannevole e scorretta? Non pare proprio. Il settore del gioco si è auto-disciplinato con un codice che è allineato agli standard indicati dalla Raccomandazione della Commissione Europea sulla comunicazione commerciale e la protezione dei consumatori e dei minori. Sulla base dei dati pubblicati sul sito dello IAP, l’Istituto per l’Auto-disciplina della Pubblicità, il gioco rappresenta un settore modello, che rispetta le regole. Nel 2014 sono state prodotte in totale 97 tra ingiunzioni del Comitato di Controllo e pronunce del Giurì, l’organo di più alto livello, contro messaggi pubblicitari che non rispettano il codice. Solo 1 su 97 riguarda il settore del gioco”. lp/AGIMEG