“Il gioco si fa duro”: questo è il titolo del libro (Rizzoli Editore) scritto da Nadia Toffa, giornalista de Le Iene che da anni si occupa di inchieste sul settore del gioco. Il libro è un’occasione di riflessione su questo mercato visto con l’occhio di una giornalista d’inchiesta e che è entrata nei meandri di questo settore con una visione esterna e quindi più neutra. Tra i temi trattati nell’intervista, realizzata dal direttore di Agimeg Fabio Felici, la pubblicità sui giochi, la ludopatia, i problemi del settore delle newslot e delle vlt, le lotte intestine e la saturazione del mercato, la risposta alle accuse di poca trasparenza delle inchieste, l’educazione al gioco e come la politica dovrebbe affrontare alcuni giochi a rischio dipendenza. Insomma un’intervista da leggere con attenzione perché sorprendente e mai banale.
Perché il “gioco si fa duro”? Credi davvero che il gioco sia il male oscuro del terzo millennio?
Il gioco si fa duro per tutte quelle persone che lavorano per giocare, che non possono fare a meno di scommettere e non riescono a darsi un freno fino a spendere tutto lo stipendio, il gioco si fa duro per tutte quelle persone, e ne ho conosciute tante, che sono dipendenti dal gioco, cioè sono azzardopatiche. Credo che l’essere umano riesca a trasformare in droga qualsiasi cosa, persino lo shopping. E la malattia del gioco è una delle dipendenze di nuova generazione, che purtroppo sta aumentando esponenzialmente alla crescita dell’offerta ludica.
Pensi che lo Stato, attraverso i Monopoli e le società di gioco siano consapevoli sulla “delicatezza” di questo segmento di mercato e facciano abbastanza per tutelare i minori ed i soggetti a rischio “ludopatia”? Sei per il divieto od il controllo della pubblicità sul gioco?
Per anni secondo me il Governo ha sottovalutato il problema e solo ora sembra che ci siano segnali di presa di coscienza. La storia ci insegna che ci sono tante situazioni che per molti versi sono assimilabili all’esperienza del trattamento del gioco d’azzardo. Per esempio per anni abbiamo pubblicizzato le sigarette in tv o addirittura erano sponsor di team sportivi; si fumava dappertutto, nei cinema, negli ospedali, sui treni, senza calcolare minimamente l’enorme danno sociale e sanitario che provoca il fumo. Lo Stato a un certo punto ha fatto dietro front e sono quindi partite campagne d’informazione, divieto di consumo nei locali pubblici e divieto di pubblicità. Quello che mi chiedo è se lo stato stia andando in questa direzione con il gioco d’azzardo. L’offerta del gioco è a mio avviso eccessiva. Se prima si compilava la schedina e si puntava qualche numero al lotto, ora volendo si potrebbe scommettere h24. Siamo in un supermarket affollato dell’azzardo, tant’è che si iniziano a percepire delle ostilità tra gestori che lamentano troppa concorrenza; troviamo le macchinette persino negli autogrill, in posta vendono il gratta e vinci, con il lotto istantaneo si puntano numeri a ripetizione, e poi, senza nemmeno uscire di casa, ma rimanendo in pigiama comodamente spaparanzati sul divano, abbiamo accesso a qualsiasi tipo di gioco, persino il gratta e vinci virtuale. Detto questo non sono proibizionista. Innanzitutto perchè la storia ci insegna che il proibizionismo è un fallimento sotto ogni punto di vista, e oltretutto tende a mitizzare la sostanza che proibisce. Esempio tra tutti sono gli anni ’20 negli stati uniti dove l’alcol era vietato: questo non ha fatto che produrre scantinati gestiti dalla malavita, dove la gente andava a ubriacarsi e nessuna dimunizione sensibile del consumo di alcol. Questo ovviamente non deve succedere nemmeno con il gioco. Non sono proibizionista, per nulla, ma di certo dovremmo trovare una giusta misura dell’offerta e un equilibrio sulla pubblicità. Era stato proposto un emendamento passato alla Camera, poi modificato al Senato, che prevedeva il divieto assoluto per la pubblicità dei gioco a rischio compulsività (slot machine, VLT; gratta e vinci e lotto istantaneo), mentre per gli altri spot nessuna modifica. Mi sembrava una proposta coerente.
Spesso ti sei occupata del settore delle newslot e delle videolotterie (vlt). Che idea ti sei fatta di questo segmento del mercato? Il “marcio” è tutto in queste macchinette?
La mia idea è che sono troppe, c’è una saturazione del mercato al punto che tra gestori di slot e gestori di VLT mi hanno spiegato esserci quasi una lotta intestina. Troviamo slot machine anche in tabaccherie microscopiche di 2 metri per 2, persino agli autogrill, ma da quel che mi hanno raccontato in questi anni giocatori patologici e gestori di sale che ho conosciuto, sembra che le più ‘pericolose’ siano le videolottery. Ho conosciuto tanti che si sono rovinati con queste macchinette di ultima generazione, ma quella che mi ha fatto più pena è una signora che aveva ricevuto un eredità dalla vendita di una casa e ha bruciato in soli 6 mesi 120 mila euro alle VLT. La prima volta che sono entrata in una sala giochi sono rimasta basita dalla puntata massima: con ogni click possono andarsene in fumo 10 euro. A me personalmente pare davvero troppo, considerando che praticamente non c’è limite su quanti soldi si possano inserire nella macchinetta. Come vogliamo definire questo tipo di gioco, se per legge non è azzardo? Perchè consentire una puntata così alta? Un noto professionista del poker, frequentatore di Las Vegas, mi disse che nemmeno negli Stati Uniti alle macchinette si può puntare così tanto a colpo e che soprattutto non esiste l’opzione autostart, particolarmente pericolosa per chi si approccia al gioco in modo compulsivo.
Dal settore del gioco ti si accusa di poca chiarezza delle tue inchieste. Ad esempio non aver svelato, nel tuo ultimo servizio, nome e qualifiche delle persone di Sogei ed Aams che ti avrebbero riferito di problemi nel controllo delle newslot. Tra le accuse ci sono anche quella di non aver interpellato i rappresentati delle aziende coinvolte nelle tue inchieste.
Il nome delle persone che sentiamo telefonicamente o che incontriamo di persona non possono essere rivelati se non con il loro permesso, cioè tramite una liberatoria. Queste persone interpellate di Sogei e di Aams sono addetti dell’ufficio tecnico. Anche la persona di Accredia, interpellata per capire se Sogei è provvista dell’accreditamento 17025, che sarebbe necessario per certificare le piattaforme su cui ‘viaggiano’ i dati delle VLT e che ci ha risposto in modo negativo, era dell’ufficio preposto al rilascio di tale accreditamento. Quello che abbiamo più volte ribadito nel servizio non solo è di essere disponibili ad incontrarsi con tutte le parti in causa per fare chiarezza, ma anzi abbiamo chiesto più volte la possibilità di parlare con i monopoli, per dare loro modo di dimostrarci tecnicamente come vedono e controllano in tempo reale ogni singola videolottery. E dunque le aziende coinvolte nelle inchieste sono state più volte interpellate per una eventuale replica, ma ad oggi non siamo mai stati contattati.
Il settore del gioco, tra diretto ed indotto, dà lavoro a quasi 200.000 persone, in pratica una sorta di Fiat. Non credi che questo settore meriti comunque rispetto ed una informazione attenta e precisa anche a tutela delle professionalità che coinvolge?
Certo che merita un’informazione attenta e precisa, quella che dimostro nel mio libro. A questo proposito però, visto che parla di posti di lavoro, mi chiedo come mai il Governo incentivi per esempio il gioco on line, che rappresenta una bella fetta della raccolta totale del gioco, quando non è altro che un semplice portale, che non prevede indotti economici al di là della raccolta (nessun affitto, nessuna bolletta, nessuna attività commerciale, pochissimi dipendenti). Questo credo sia un bel controsenso.
Beh il fatto che il settore crei posti di lavoro è un fatto, come è un fatto che c’è un numero indefinito di giocatori disperati perchè si giocano lo stipendio, giocatori malati che chiedono prestiti agli usurai per saldare debiti di scommesse. Insomma come sempre accade, il benessere di alcuni può creare la povertà di altri. Bisognerebbe trovare un equilibrio, tutelando l’onesto lavoro di professionisti del settore gioco e non mandando al macello tanti giocatori malati.
Per qualcuno il gioco in Italia andrebbe totalmente soppresso. Pensi che sia questo il rimedio definitivo al “problema gioco”?
Credo che per affrontare la questione ci sia bisogno di educazione, informando per prima cosa le persone dei rischi in cui si incorre giocando d’azzardo, spiegando quali sono le differenze tra un gioco e l’altro per quanto riguarda il pericolo compulsività e dipendenza. Come per l’alcool si fanno campagne di sensibilizzazione e educazione al consumo, così si devono informare chiaramente tutti coloro che usufruiscono del gioco, ogni giorno. Ad esempio affiggendo dei cartelloni nelle tabaccherie che chiariscano le reali possibilità di vincita, perchè se si conoscono e capiscono le reali probabilità di vincere magari si rivedono anche gli investimenti, e non solo; credo sia necessario informare a fondo tutte le persone che lavorano in questo settore, e non semplicemente dandogli degli opuscoli da posizionare nella sala giochi o nel bar; potrei andare avanti per ore. Detto questo mai vietarlo.
Facciamo uno scambio: Nadia Toffa Presidente del Consiglio e Matteo Renzi inviato delle Jene. Come premier quali interventi proporresti per il mercato del gioco e dove invieresti Renzi per portare alla ribalta le problematiche più importanti del settore in questione?
La Toffa presidente del consiglio. Cito alcuni provvedimenti, ma bisognerebbe approfondire l’argomento: l’introduzione del codice fiscale su tutte le macchinette; la possibilità di autodichiararsi azzardopatico e dunque disabilitare il proprio tesserino; le slot machine dovrebbero stare dentro alle sale giochi, che dovrebbero diminuire di numero; l’obbligo di presentare il documento di identità per entrare nelle sale giochi, con la possibilità quindi di potersi auto-escludere dall’ingresso, facendosi segnalare sul database degli azzardopatici, così come accade nei casinò; toglierei dai gratta e vinci i biglietti che traggono in inganno con il meccanismo della quasi-vincita; introdurrei maggiori controlli per il gioco on line, con un tetto massimo di puntata giornaliero, serio; introdurrei nelle scuole dei corsi di educazione al gioco….e moltissime altre.
Matteo Renzi inviato de Le Iene. Dovrebbe cercarsi le inchieste da solo; la nostra redazione funziona così. Ognuno di noi propone, trova tematiche, approfondisce argomenti, studia e prepara l’inchiesta. Io se mai potrei solo dargli l’ok.
Nel tuo libro “Il gioco si fa duro” (Rizzoli Editore) c’è un grido d’allarme, un consiglio o la cronaca del rapporto italiani e gioco?
Ci sono tutti questi messaggi. Un grido d’allarme per le migliaia di persone malate che ci sono e per le loro famiglie che vivono nascondendosi nella vergogna. Consigli a chi giudica questa malattia come un semplice vizio, a cui si può tranquillamente fare a meno, e consigli pratici a chi sta vicino a una persona che soffre di questa dipendenza, per offrirgli un supporto iniziale, prima di chiedere aiuto a professionisti specializzati.
Credo che questo libro possa essere utile anche a tutti gli addetti ai lavori del settore, perchè da questa lettura avrebbero una visione d’insieme, un punto di vista esterno e obiettivo su un fenomeno che ci coinvolge tutti, che sta cambiando l’assetto dei nostri quartieri; avrebbero inoltre uno sguardo su coloro che, perchè malati, rimangono invischiati in quella che è a tutti gli effetti una dipendenza.
Aiutare i ludopatici non significa essere contro il gioco, e sarebbe davvero un traguardo riuscire ad aprire uno spiraglio perchè la comunità intera si facesse carico delle persone fragili, senza doverci privare del sogno di una vincita.
ff/AGIMEG