“Questa fiera ci ha visto lavorare insieme a Sapar con il supporto di Euromat e l’appoggio delle principali rappresentanze del settore. E’ un’edizione in cui si manifestano anche chiaramente tutte le preoccupazioni che agitano le aziende in seguito alle recenti disposizioni normative. Tuttavia, seppur con forte preoccupazione, il campo delle adesioni alla manifestazione ci ha procurato notevoli soddisfazioni fra new entry e le numerosissime conferme degli espositori tradizionali, quasi a mandarci un messaggio di fiducia sulla possibile conclusione di una situazione di obiettiva difficoltà del settore che nessuno intende trascurare” così il presidente di Rimini Fiera, Lorenzo Cagnoni, alla conferenza stampa d’apertura di Enada sul tema: “I numeri del comparto degli apparecchi da intrattenimento alla luce delle normative regionali ed il fenomeno gap. Le aziende espositrici hanno dimostrato disponibilità e fiducia nel futuro. Il mio augurio è che questa edizione rappresenti un punto di incontro fecondo fra istituzioni, politica e filiera del mondo giochi. L’obiettivo è di riuscire a disegnare un quadro di certezza per tutti gli operatori – ha concluso Cagnoni – avendo a riferimento due grandi obiettivi: da un lato la difesa dei giocatori e dall’altro quello dell’occupazione dello stesso settore. Due questioni non sempre ben conciliabili sulle quali è però necessario trovare il giusto punto di equilibrio”. “La legislazione continua ad essere molto discontinua e incentrata sull’aumento del gettito dello Stato e sempre meno sull’occupazione del settore gioco. La presenza di espositori stranieri è un lato positivo, quello negativo riguarda un governo poco sensibile al comparto economico delle aziende e della filiera” ha detto il presidente Sapar, Raffaele Curcio. “Non c’è nessun interesse sul benessere della filiera. Con le ultime due leggi di Stabilità hanno minato il settore dal punto di vista del gestore e degli esercenti in maniera importante. Hanno ridotto i margini senza dare la possibilità di finire la ristrutturazione che le aziende avevano iniziato nel corso di questi anni. Il settore è stato colpito molto dal punto di vista economico. Non sono state date quelle prospettive di assestamento e sviluppo di cui il settore aveva necessità. Quest’anno è previsto un ricambio totale del parco macchine, senza creare prospettive e situazioni di consolidamento aziendale. Prendiamo gli apparecchi come capro espiatorio: vanno diminuiti, regolamentati, evidentemente la regolamentazione che è stata fatta in questi dieci anni è risultata disorganica e ha portato solo a scompiglio nell’intero settore. Non si riesce a percepire il lato positivo di questo comparto – ha aggiunto Curcio – vediamo solo la parte negativa. Un riordino organico del settore non può più essere posticipato. Speriamo che il ddl in Parlamento vada avanti, con la contemplazione dell’intera platea dei soggetti coinvolti. Tutti i divieti introdotti stanno portando solo effetti negativi. Abbiamo impiegato 10 anni per arrivare a questo risultato e ora stanno distruggendo tutto. I Comuni stanno relegando il gioco legale nelle periferie, si tolgono solo le slot, ci si accanisce solo verso il settore delle macchinette, lasciando proliferare tutto il resto. L’apertura della fiera è stata positiva e speriamo di dare all’esterno un segnale forte, questo è un settore importante che non ha interesse ad aumentare la ludopatia, un comparto che va regolamentato ma non penalizzato. Bisogna fare più informazione e prevenzione, l’uso del gioco non crea dipendenza, è l’abuso il problema. Se la ludopatia è una malattia cominciamo a capire cosa è e come va curata” ha aggiunto il presidente Sapar, che in conclusione ha lanciato una provocazione “il ruolo del gestore nella filiera è fondamentale non può esser cancellato con un colpo di spugna. Sarebbe il caso che i politici iniziassero a dimezzarsi tra di loro, non le aziende, i concessionari e le associazioni di categoria”. “Io ho avuto modo di accompagnare questa discussione in alcune occasioni a livello nazionale. Non amo molto le posizioni così impressionistiche su cose che hanno bisogno di un punto di vista scientifico e quindi razionale. In questi mesi, ora mi pare un pochino meno, giornali e televisioni hanno urlato all’idea della ludopatia come se fosse un fenomeno certo, che portasse chissà quali disastri economici. Non sono qui per dire che si tratta di una invenzione mediatica, ma dobbiamo spiegare una cosa chiara ed evidente, se la ludopatia è una patologia occorre sapere quale è la definizione esatta e soprattutto quanto incide” così il noto psichiatra, scrittore e sociologo Paolo Crepet. “Proseguendo su questa strada si fa solo tanto fumo a giovamento di qualche forza politica, sociale, culturale, che vuole speculare su questo quando siamo ancora oggi in attesa di dati nazionali certi. Stiamo parlando di opinioni, l’epidemiologia non la fa il parroco del paesello. Si indica un problema ma non lo si definisce. Le slot non devono essere vicino alle scuole? Ma queste se ci pensate bene non possono essere un luogo sensibile perchè un minore non può giocare. Se si parlasse di università avrebbe sicuramente più senso. Sui numeri ricordo che abbiamo fatto un’indagine col Censis, si parla di alcune migliaia di persone dipendenti, non di decine di migliaia o centinaia di migliaia. Inoltre chi sono queste persone? Di sicuro non sono quelle che alcuni Comuni o Regioni vorrebbero difendere. Il giocatore non va in asilo e non è anziano, quindi non capisco le distanze da luoghi come scuole e centri anziani. La definizione stessa di ludopatia – ha aggiunto Crepet – è carente perchè si presume di intendere una dipendenza che non è ben definibile e individuabile. Quale è il sintomo della ludopatia? Se una persona perde i soldi non è un sintomo sanitario, ma economico. Perchè se ne occupa il Ministero della Sanità? Se è una questione sanitaria bisognerebbe riportare esattamente i sintomi psicologici della persona. I sintomi di un tumore al polmone sono chiari, per il gioco non è così. Tutto questo putiferio e poi c’è tantissima pubblicità in tv sull’online. Io ho pazienti minorenni che giocano con le carte di credito dei parenti. Quello però va bene. Sembra ridicolo che un Comune vada a perseguitare chi ha un bar con le slot quando poi stasera milioni di persone guarderanno Bayern-Juventus ed i conseguenti messaggi pubblicitari. Questa è malafede. Presa in giro istituzionale, o ci occupiamo di tutto o facciamo solo battaglie sul territorio che fanno piacere a qualche onorevole per poi ottenere i famosi 50 milioni. Mi si dica cosa facciamo con queste persone che hanno bisogno di aiuto. Cosa si fa ufficialmente? Sulla formazione del personale si può intervenire, questa è una cosa fattibile, che darebbe maggiore serenità anche all’esercente – ha concluso Crepet -. Non sono le slot che le rovinano le famiglie, ma i social network, gli iPhone. Ce ne sarebbero di cose da fare prima di perseguitare le slot. Col proibizionismo poi succedono cose brutte. Vogliamo dare un altro aiuto alla malavita organizzata?”. “Il gioco d’azzardo è una variante culturale, è un elemento strutturalmente presente nel modo in cui si formano le comunità. Rientra nella categoria della normalità. Permette di avere delle chance di rivincita, recupero. Parliamo di un grande settore economico che a differenza di altri soffre di legittimazione sociale” ha affermato Massimo Morisi, ordinario di Scienza dell’amministrazione presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Firenze, riferendosi ad una ricerca universitaria sull’area metropolitana fiorentina su giovani tra i 15 e i 30 anni. “Una delega fiscale molto importante è stata fatta scadere, questo è un grosso insuccesso. Esiste una norma costituzionale che parla di responsabilità sociale delle imprese, l’università e la medicina non se ne stanno occupando e lo stesso le Asl delle singole Regioni, andrebbe fatta un’attività di ri
cerca da parte delle associazioni rappresentanti delle imprese, almeno su 3/4 variabili di questo fenomeno. Quanti sono i giocatori? Quelli che giocano online? La pubblicità che impatto ha? Con un impegno di questo tipo si potrebbe dimostrare che chi fa impresa in questo settore è consapevole della sua responsabilità sociale. Bisogna costruire un’immagine positiva, dove si espongono i rischi, si invita a sviluppare il senso del limite. Sono d’accordo che l’idea dei luoghi sensibili sia pura follia. C’è bisogno di grande concertazione, basta essere vicendevolmente ipocriti. Sindacati, imprese, politica e istituzioni devono lavorare insieme. Al di là del formare il personale all’interno di luoghi che siano gradevoli e non percepibili come pericolosi serve una campagna che evidenzi gli elementi di rischio, c’è bisogno che qualcuno lo racconti bene e non lo sta facendo nessuno. Noi abbiamo proposto di fare formazione nelle scuole, ma rivolta agli insegnanti. Formare queste persone è importante, abbiamo costruito un format che inizieremo a sperimentare nel prossimo anno scolastico. Non è stato facile convincere i responsabili territoriali, ci hanno preso per occulti venditori di gioco. Se dovesse funzionare e si potesse diffondere per lo meno il concetto di gioca responsabile finirebbe di essere uno slogan artificioso” ha concluso Morisi. “Stiamo cercando di coinvolgere altre sigle associative per avere una voce comune di fronte alle istituzioni – ha aggiunto in chiusura Curcio – perchè altrimenti non riusciremo a far arrivare un messaggio chiaro. Se non c’è interlocuzione anche con i soggetti della filiera, imprese e tutte le parti sociali non si puo arrivare ad affrontare il problema e trovare una soluzione efficace”. cdn/AGIMEG