Il Decreto Sostegni è discriminatorio perché tratta allo stesso modo aziende che hanno subito perdite significative, ma comunque hanno potuto continuare a operare, e aziende che hanno subito un blocco completo delle attività. Le aziende che operano nel settore del gioco, in particolare, hanno finora ricevuto solo sostegni minimi che non consentono assolutamente di coprire i costi fissi sostenuti anche durante il periodo di inattività; inoltre gli ammortizzatori sociali non coprono interamente il periodo di sospensione delle attività. Sono alcune delle criticità del decreto Sostegni che mette in evidenza l’Associazione Italiana Esercenti Giochi Pubblici nella relazione trasmessa ieri alle Commissioni Finanze e Bilancio del Senato impegnate in un ciclo di audizioni sul provvedimento. EGP avanza quindi una serie di proposte come quella di cancellare il canone di concessione per i mesi di inattività, e quella di riconoscere il credito di imposta sugli affitti dei primi mesi 2021 anche alle imprese del settore. Di seguito il testo integrale:
EGP è l’organizzazione di categoria della Federazione Italiana Pubblici Esercizi, parte di ConfCommercio, che rappresenta la distribuzione specializzata dei servizi pubblici di raccolta di gioco (sale scommesse, sale per il gioco del bingo e sale dedicate agli apparecchi da intrattenimento in concessione statale). In questo segmento delle reti dei giochi pubblici operano complessivamente circa 45.000 lavoratori in diverse migliaia di punti vendita dedicati. Queste attività sono inattive, per provvedimenti autoritativi, da 10 mesi negli ultimi 14: 291 su 425 giorni, il 68% del periodo. In tutto questo periodo pressoché tutto il personale è stato continuativamente in regime di ammortizzatori sociali; questa è una prima criticità che dobbiamo evidenziare sul decreto in discussione (all’art. 8). Già solo in questa prioritaria materia, il lavoro, non si è considerato che ci sono attività economiche continuativamente sospese da ottobre del 2020: un numero di settimane maggiore di quelle della attuale previsione dei trattamenti di integrazione salariale contenuta nel Decreto. E questo è il principio che vorremmo fosse affermato nelle valutazioni politiche e legislative: vi sono attività che hanno perso ricavi ed attività che hanno perso ricavi perché tenute a rispettare le disposizioni governative; alcune, queste ultime, non hanno potuto svolgere alcun tipo di attività, in alcun orario, nemmeno per esercitare concessioni pubbliche, per molti mesi di seguito.
Stiamo rappresentando nelle altre opportune sedi la capacità della rete specializzata dei giochi pubblici di operare comunque, anche nelle zone gialle, grazie ai propri efficaci protocolli di prevenzione dei rischi COVID elaborati anche con le organizzazioni sindacali: in questa sede non possiamo che evidenziare, invece, come una politica caratterizzata da proporzionalità dovrebbe tenere conto, nella individuazione dei sostegni economici, delle differenze nelle situazioni delle varie attività produttive. Al contrario, le imprese che distribuiscono in modo specializzato i giochi pubblici – a fronte di un azzeramento dei ricavi per il lungo periodo ricordato – non hanno ottenuto che un minimo sostegno economico a fondo perduto solo nel DL “Ristori” (largamente inferiore, in media, al 5% dei minori ricavi causati ad oggi dalla sospensione emergenziale delle attività) e soli due mesi di credito di imposta per le locazioni a fine 2020. Concausa di questi minimali aiuti economici offerti a fronte di provvedimenti di sospensione è stata (ed è ancora nel Decreto Sostegni oggi in discussione) la previsione di un tetto di fatturato a 5 e, poi, a 10 milioni di euro: livelli non raggiunti dalla più ampia parte dei singoli punti vendita, i quali tuttavia – anche per vincoli concessori – sono riconducibili ad uniche entità legali, titolari degli affidamenti pubblici della raccolta per molti punti vendita, consolidandone quindi il fatturato. Questi ridottissimi sostegni non sorreggono organizzazioni che in quei singoli punti vendita hanno costi fissi significativi e correnti (canoni di locazione, utenze, costi amministrativi, fideiussioni bancarie, …), non eliminabili anche per l’esigenza di continuità degli affidamenti concessori statali. Pertanto, anche il Decreto in esame, come in parte i precedenti: ▪ è ingiustamente discriminatorio per gli operatori con più punti vendita e, per questo, è incoerente con il modello concessorio del nostro ordinamento; ▪ è ingiustamente discriminatorio verso imprese che per molti mesi hanno subito perdite di ricavi del 100%, a fronte di imprese che hanno subito perdite sì significative, ma di gran lunga inferiori.
Nelle disposizioni in esame – ed in quelle governative e di iniziativa parlamentare che seguiranno nelle prossime settimane – è allora necessario ed urgente intervenire con sostegni concreti e diretti anche per le reti distributive del bingo, delle scommesse e degli apparecchi da gioco, avendo in mente il ruolo di servizio pubblico di controllo dell’offerta e, quindi, di presidio di legalità che il nostro ordinamento affida ad esse tramite le concessioni. Oltre allo spostamento nel secondo semestre dell’anno dei versamenti del Prelievo erariale sugli apparecchi (già esposto dalle altre organizzazioni dei giochi pubblici in queste audizioni) le nostre proposte al riguardo, presentate alle forze politiche in Parlamento ed al Governo, vertono su alcuni interventi immediati di alleggerimento dei costi fissi: 1) la non debenza dei canoni concessori per le mensilità finora non esercitate nel 2021 per la raccolta delle scommesse e per il gioco del bingo; 2) la reintroduzione, nelle stesse forme del DL Sostegni (quindi per tutte le attività integralmente sospese e senza limiti di fatturato aziendale, a partire da quelle dell’intrattenimento, fermate del tutto dal Governo fin dall’ottobre scorso) del credito di imposta per i canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo, relativamente a questi primi mesi del 2021 ancora in lockdown settoriale; 3) specificamente per il gioco del bingo, la reintroduzione della misura del pagamento dilazionato a 90 giorni delle cartelle ritirate per la vendita, misura già utilizzata nel passato nei momenti di crisi delle sale e, con gli opportuni accorgimenti contabili, a costo zero per la finanza pubblica negli esercizi di riferimento. Nei prossimi mesi la tutela del sistema di controllo pubblico della raccolta dei giochi avrà, come è noto, bisogno anche di interventi sistemici sulle concessioni, sulla distribuzione nei territori, sulla qualificazione degli esercizi, per superare problemi sedimentati da anni. Per l’immediato non possiamo che chiedere con forza attenzione a quanto sopra esposto: con il supporto alla continuità dei punti vendita – la cui fragilità economica, per oltre la metà di essi, è stata evidenziata negli ultimi giorni anche dal Rapporto sulla competitività dei settori produttivi 2021 dell’Istat – si difende la legalità, la tutela dei consumatori (ed in primo luogo delle categorie più deboli, i minori ed i soggetti affetti da dipendenze, per non lasciarli alla mercè del rinascente gioco illegale) ed il contributo all’economia del Paese del sistema dei giochi pubblici, a partire dalle migliaia di posti di lavoro qualificati presenti nelle sale.
lp/AGIMEG