Sospesa la chiusura di una una sala almeno fino alla Camera di Consiglio del 12 gennaio 2023. E’ quanto stabilito dal primo decreto cautelare per il distanziometro espulsivo della Provincia di Trento.
Di fronte al baratro della chiusura di una realtà economica, considerata la non manifesta infondatezza del problema sollevato anche solo per le richieste verificazioni, ed i lunghi tempi legislativi di entrata in vigore dell’espulsione viene ritenuto non qualificabile il diritto alla salute quale diritto tiranno al punto tale da non prendere in considerazione esigenze di ponderazione con gli altri interessi coinvolti.
“Considerato che l’articolo 56 c.p.a. dà adito all’emanazione di misure cautelari monocratiche esclusivamente “in caso di estrema gravità ed urgenza, tale da non consentire neppure la dilazione fino alla data della camera di consiglio” – la quale, a fortiori e necessariamente nei casi contemplati dall’articolo 56, comma 4, è quella “di cui all’articolo 55, comma 5”: ossia la “prima camera di consiglio successiva al ventesimo giorno dal perfezionamento, anche per il destinatario, dell’ultima notificazione e, altresì, al decimo giorno dal deposito del ricorso” – che, nella specie, è quella che – tenendosi conto, nei congrui casi, delle dimidiazioni di termini di cui alle pertinenti norme processuali – si provvede a fissare in dispositivo;
Ritenuto, pertanto, che la concessione presidenziale di una misura cautelare monocratica d’urgenza inaudita altera parte normativamente postula – in punto di periculum in mora – l’effettiva esistenza di una situazione a effetti gravi, irreversibili e irreparabili, tale cioè da non consentire di attendere neppure il breve termine dilatorio che, ut supra, deve intercorrere tra il deposito del ricorso e la camera di consiglio in cui dovrà svolgersi l’ordinario scrutinio collegiale sull’istanza cautelare: nonché, in punto di fumus boni iuris, quantomeno la non evidenza di una sua radicale insussistenza;
Ritenuto che, nel caso in esame, il pregiudizio dedotto dalla parte istante pare acquisire cumulativamente, anche nell’intervallo temporale anzidetto, i suddetti caratteri di gravità, irreversibilità e irreparabilità, anche in considerazione (sub specie di periculum in mora) del fatto che, in ragione del calendario delle udienze della sezione nel periodo natalizio, l’esame collegiale della vicenda non potrà avvenire prima della fine delle festività, ossia solo poco prima della metà di gennaio 2023, e che comunque, all’udienza di merito già fissata dal T.A.R., difficilmente potrà rendersi una sentenza definitiva, ove non reiettiva, sussistendo l’intermediazione di un atto legislativo non direttamente scrutinabile dal giudice amministrativo;
Ritenuto altresì, sotto il medesimo profilo, che – a fronte di un criterio legislativo che ha concesso una “vacatio” applicativa di cinque o sette anni dall’entrata in vigore della legge provinciale prima di dover conformare a essa le situazioni già in essere – non pare esatto considerare prevalente l’urgenza di adeguare la situazione di fatto al precetto legislativo con immediatezza, rispetto al più grave periculum in mora qui dedotto dall’appellante per la propria continuità aziendale;
Ritenuto, in particolare sub specie di fumus boni iuris, che, nella specie, occorre considerare – nell’ambito, peraltro, di un fenomeno che sta interessando più d’una Regione, e in questo periodo non raramente anche l’Emilia Romagna, rispetto alla quale questa Sezione sta rendendo più pronunzie, non solo in sede cautelare – da un lato che neanche la tutela del diritto alla salute, per quanto nella specie effettivamente sussistente, può configurarsi come c.d. “diritto tiranno” rispetto agli ulteriori diritti, pure costituzionalmente rilevanti, che vengono concretamente in rilievo e, dall’altro, che (prima ancora che si ponga la necessità di ricorrere al sindacato accentrato di costituzionalità) non persuade neanche la modalità di calcolo delle distanze con il criterio del “compasso”, piuttosto che invece secondo il criterio della distanza stradale pedonale nel rispetto della segnaletica vigente (che, evidentemente, ridurrebbe in qualche misura l’area di interdizione legale);
Ritenuto, pertanto e conclusivamente, che – avuto prevalente riguardo al periculum in mora, e restando perciò allo stato sostanzialmente impregiudicata ogni definitiva valutazione in punto di fumus boni iuris, da riservare eminentemente alla cognizione del Collegio – difetta quantomeno una delle due condizioni (da ravvisare, appunto, soprattutto in un qualificato periculum in mora, oltreché nella non evidenza dell’insussistenza di ogni fumus boni iuris) cumulativamente richieste dalla legge affinché possa concedersi l’invocata misura cautelare monocratica”.
Si legge nella sentenza con cui il Consiglio di Stato ha accolto l’istanza di concessione di misure cautelari monocratiche e sospeso l’efficacia degli atti impugnati in primo grado fino all’esito della camera di consiglio. cdn/AGIMEG