Fasce orarie, Consiglio di Stato boccia i ricorsi contro il Comune di Torino

Il Consiglio di Stato ha respinto con sentenza due ricorsi intentati contro le fasce orarie del Comune di Torino, l’intesa raggiunta in Conferenza Unificata – secondo i giudici – “è in linea” con il provvedimento del Comune, dal momento che “nell’Intesa raggiunta viene espressamente dato atto che la diffusione delle slot ha provocato una nuova emergenza sociale che non più essere trascurata e che ha indotto gli enti locali, in assenza di un quadro regolatorio nazionale aggiornato, a scelte in generale restrittive ma legittime”. Al centro della vicenda c’è l’ordinanza sindacale dell’ottobre 2016 che consente di giocare alle slot solamente tra le 14 e le 18, e tra le 20 e le 24. Gli stessi orari vengono previsti per l’apertura delle sale da gioco.

I giudici di Palazzo Spada ricordano prima di tutto che sia sia i Legislatori comunitari che quello nazionale hanno previsto interventi per limitare la diffusione del gioco. Il Parlamento Europeo (con la risoluzione del settembre 2013) e la Commissione Europea  (con la raccomandazione del luglio 2014 , quest’ultima riferita al solo sul gioco online) hanno legittimato gli interventi degli Stati membri per  tutelare i giocatori, e i soggetti più deboli, anche quando “tali misure possano comprimere alcuni principi cardine dell’ordinamento comunitario come, ad esempio, la libertà di stabilimento e la libera prestazione dei servizi”. Per quanto riguarda l’ordinamento italiano, poi, il decreto Balduzzi ha previsto delle limitazioni alle pubblicità e – sebbene non sia mai stata attuata – “progressiva ricollocazione” delle sale da gioco, per evitare l’eccessiva vicinanza ai luoghi sensibili. Tutto questo “esclude la rilevanza e la stessa fondatezza delle affermazioni – sostenute dalle sale, NdR – secondo cui le quasi 400 persone colpite in ambito locale, rappresentando una percentuale minima della popolazione (0,3%), costituirebbero un fenomeno privo di allarme sociale”.

Le sale da gioco hanno poi provato a far leva sul fatto che l’Amministrazione Torinese avrebbe adottato il provvedimento senza svolgere un’adeguata istruttoria. Tesi anche questa, però, respinta dal Consiglio di Stato: “la puntualità, accuratezza e adeguatezza dell’istruttoria effettuata dal Comune trova sicuro riscontro nella produzione documentale depositata agli atti di causa ed in particolare nei dati ufficiali pubblicati dall’Osservatorio Epidemiologico delle Dipendenze della Regione Piemonte”. Si fa riferimento, in particolare, allo Studio ESPAD Italia 2015, , da cui emerge “al di là di ogni ragionevole dubbio, che il gioco con premi in denaro si sta diffondendo con aumento dei casi di ludopatia a Torino e la necessità di intervenire per contrastare il fenomeno: infatti, a Torino, nel 2014, erano in carico presso i Dipartimenti di Patologia delle dipendenze 316 soggetti per Disturbo da gioco d’azzardo e, nel 2015, il loro numero era pari a 365, di cui oltre l’80% sono patologicamente dipendenti da apparecchi automatici di gioco”.

Infondate infine anche le censure sul fatto che il provvedimento colpirebbe le sale in modo sproporzionato. “L’Amministrazione ha realizzato un ragionevole contemperamento degli interessi economici degli imprenditori del settore con l’interesse pubblico a prevenire e contrastare i fenomeni di patologia sociale connessi al gioco compulsivo, non essendo revocabile in dubbio che un’illimitata o incontrollata possibilità di accesso al gioco accresca il rischio di diffusione di fenomeni di dipendenza, con conseguenze pregiudizievoli sia sulla vita personale e familiare dei cittadini, che a carico del servizio sanitario e dei servizi sociali, chiamati a contrastare patologie e situazioni di disagio connesse alle ludopatie”. rg/AGIMEG