Decreto Sostegni Bis, Conflavoro: “Perplessi su fondo per il sostegno delle attività economiche chiuse. Incrementare dotazione destinata alla misura”

“Una prima necessaria considerazione riteniamo opportuno farla sui contributi a fondo perduto. Conflavoro PMI ha sempre ribadito che la mancanza di liquidità e la drastica diminuzione del fatturato – insieme alla necessità di sostenere i costi fissi e gli obblighi contributivi (spese e pagamenti) – costituiscono il principale problema a cui hanno dovuto e continuano a far fronte le nostre imprese, che devono fare i conti con una limitata capacità finanziaria che, talvolta, si è tradotta e si traduce nell’impossibilità di assolvere i propri impegni. Al netto dei ristori che verranno erogati automaticamente a coloro che hanno già beneficiato di quelli previsti dal precedente decreto Sostegni, lo sforzo compiuto nel decreto-legge in esame di estendere ed incrementare i contributi a fondo perduto, viene quasi annullato se consideriamo le complessità procedurali relative, soprattutto: 1) al contributo di cui all’art. 1, commi 5 – 15, riconosciuto ai titolari di partita IVA che, nel secondo periodo d’imposta antecedente l’entrata in vigore del decreto in parola, non abbiano registrato ricavi superiori ai 10 milioni di euro e che abbiano subìto una perdita del fatturato medio mensile di almeno il 30 per cento nel periodo ricompreso tra il 1° aprile 2020 e il 31 marzo 2021 rispetto al periodo ricompreso tra il 1° aprile 2019 e il 31 marzo 2020 e 2) al contributo di cui all’art. 1, commi 16 – 27, che, con finalità perequativa, è riconosciuto ai titolari di partita IVA che, nel secondo periodo d’imposta antecedente l’entrata in vigore del decreto in parola, non abbiano registrato ricavi superiori ai 10 milioni di euro e che abbiano subìto un peggioramento del risultato economico d’esercizio (minore utile o maggiore perdita) relativo al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2020, rispetto a quello relativo al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019, pari o superiore alla percentuale definita con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze. Per quanto concerne il contributo di cui al punto 1), evidenziamo che il calcolo del fatturato medio tra aprile 2019 – marzo 2020 e aprile 2020 – marzo 2021 necessita di nuovi ed ulteriori aggiornamenti dei programmi software utilizzati dagli intermediari consulenti, oltreché di conteggi molto più complessi, non essendo disponibili riferimenti dichiarativi annuali già predisposti, tranne le “Comunicazioni delle liquidazioni periodiche IVA” ex art. 21-bis del decreto-legge 78/2010. Su tali complessità, tra l’altro, incombono le sanzioni tributarie, amministrative e penali qualora un soggetto benefici di un contributo maggiore rispetto a quello spettante anche senza intento di frode ma solo sulla base di un mero errore di calcolo. In aggiunta a ciò, se consideriamo il contributo di cui al punto 2), poiché il suo riconoscimento avverrà sulla base di percentuali che verranno stabilite attraverso un futuro decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, la misura risulta, oggi, difficile da valutare. Inoltre, un’ulteriore criticità è quella inerente alla dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2020, che dovrà essere presentata entro il 10 settembre 2021, col rischio di generare un vero e proprio caos nei mesi a venire. Alla luce di quanto evidenziato, se, da un lato, sarà possibile escludere dal calcolo delle perdite di fatturato i primi mesi del 2020 poiché non interessati dalle pesanti restrizioni imposte solo successivamente, dall’altro le nostre imprese e i nostri professionisti si troveranno a doversi destreggiare in una vera e propria campagna dichiarativa, su cui grava anche il macigno legato alla burocratizzazione dei dati causa Covid-19. Auspichiamo che l’iter parlamentare di conversione in legge sia la sede ove semplificare le misure normative previste nel decreto in parola e porre rimedio al complesso sistema sanzionatorio che rischierebbe di ingenerare contenziosi a danno di coloro che hanno percepito indebitamente il contributo non ascrivibile ad una condotta fraudolenta bensì ad errori provocati da una legislazione farraginosa e, quasi sempre, poco adeguatamente chiarita”. È quanto si legge nella memoria sul Decreto Sostegni Bis depositata da Conflavoro in Commissione Bilancio alla Camera. “Passando all’analisi dell’articolo 2 del decreto Sostegni bis, Conflavoro PMI accoglie con favore l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, del Fondo per il sostegno alle attività economiche che sono rimaste chiuse dal 1° gennaio 2021 per un periodo di almeno 4 mesi. Vi sono, tuttavia, alcune perplessità. La prima, oggettiva, è inerente all’ammontare delle risorse destinate al Fondo in parola, pari a 100 milioni di euro che, di tutta evidenza, non riuscirebbero a compensare effettivamente le perdite di tutte quelle imprese che ancora oggi, nonostante l’allentamento delle misure restrittive, non possono e non riescono ad aprire la propria attività. Pertanto, è necessario provvedere sin da subito ad incrementare la dotazione destinata alla misura, in modo da garantire ad una platea più ampia la possibilità di godere del beneficio ma, soprattutto, di poterlo fare anche in modo congruo ed adeguato. Ulteriori dubbi sono inerenti al funzionamento del Fondo poiché non sono note le procedure di richiesta, i criteri di identificazione dei soggetti beneficiari, l’ammontare e le modalità di erogazione dell’aiuto. L’articolo 2, infatti, rimanda ad un successivo decreto attuativo del Ministero per lo Sviluppo Economico, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, la definizione dei dettagli e dei parametri menzionati. Mi sia consentito, a questo punto, un commento proprio sull’andamento dei provvedimenti attuativi dell’attuale Legislatura. Da marzo 2018 e sino all’insediamento del governo Draghi nel febbraio 2021, i provvedimenti attuativi a carico delle Amministrazioni centrali competenti erano 598 su un totale di 1135. A questo numero si aggiungono i 50 attuativi previsti dalle leggi approvate sotto l’attuale Esecutivo e di cui solo 4 sono stati già adottati. Ciò vuol dire che circa il 55% di leggi che richiedono l’intervento ex post dei Ministeri non produce ancora effetti. Il tessuto delle piccole e medie imprese italiane risente in maniera determinante di uno stallo normativo di tale entità, che causa un inevitabile rallentamento del ciclo d’impresa con il rischio di contrarre il mercato del lavoro e dello sviluppo economico. La mancanza di servizi alle imprese e un’impalcatura normativa calcificata è un tema di massima rilevanza sociale ed economica che non può giovarsi di una flemma ingiustificata. Auspichiamo, quindi, una velocizzazione delle Pubbliche amministrazioni nell’erogare servizi ai cittadini e alle imprese al fine di garantire l’efficacia e l’efficienza dell’azione amministrativa”, aggiunge. cdn/AGIMEG