La Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per il Lazio, in merito alla vicenda del cosiddetto conto giudiziale, cioè l’obbligo di rendicontazione degli esercizi (per gli anni 2004-2005) da parte dei concessionari di rete Newslot si è espressa favorevolmente nei confronti dei quattro concessionari Gmatica, Hbg, Cogetech e B Plus per i quali ancora non era stata emessa sentenza.
Tutto nasceva nel dicembre 2008 da una richiesta presentata dalla procura regionale del Lazio della Corte dei Conti che aveva contestato ai concessionari il mancato deposito della rendicontazione entro i 120 giorni previsti: la cifra complessiva (circa un miliardo di euro) derivava da un calcolo effettuato seguendo una norma del 1934, che prevede una sanzione dall’1 al 50 per cento dei compensi degli “agenti contabili”, come sono ritenuti secondo una recente sentenza della Corte di Cassazione i concessionari di gioco pubblico.
DIRITTO
La Procura regionale ha attivato il presente giudizio per la condanna dell’agente contabile alla sanzione pecuniaria prevista dall’articolo 46 del t.u. approvato con R.D. n. 1214/1934, in considerazione dell’accertato inadempimento all’obbligo di depositare i conti giudiziali come fissato dal decreto del Presidente di questa Sezione n. 21 del novembre 2008.
Nella memoria difensiva, che riproduce quella presentata in data 7 maggio 2009, la società convenuta, nella qualità di concessionario della rete telematica e titolare dei nulla osta all’esercizio degli apparecchi e congegni del gioco lecito per conto dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, ha affermato, con articolate argomentazioni, di non rivestire la qualifica di agente contabile e, quindi, di non essere tenuta all’adempimento dell’obbligo giudiziale.
Dalla lettura delle norme sottese allo svolgimento dell’attività in questione, emerge con sufficiente chiarezza, che la società gestisce, per conto della P.A. concedente, l’esercizio del gioco d’azzardo compiuto mediante l’uso di apparecchiature e di congegni elettronici aventi determinate caratteristiche, tra cui la più rilevante ai fini che qui riguardano, è quella di essere collegati alla rete telematica della Pubblica Amministrazione.
In sostanza, la possibilità di effettuare il gioco d’azzardo è stata rimessa dal legislatore alla P.A. che rilascia appositi nulla osta alle società concessionarie le quali hanno assunto l’obbligo di attivare e gestire la rete telematica e di collegarvi entro una certa data tutti gli apparecchi di gioco per evitare fenomeni di evasione.
Il corretto funzionamento di tali congegni è rimesso, poi, alle stesse società concessionarie che devono assicurare la contabilizzazione delle giocate, delle vincite pagate, del compenso percentuale trattenuto e del versamento di una somma a favore del concedente a titolo di prelievo unico erariale.
Tutte le suddette informazioni giungono alla P.A. per il tramite della rete telematica alla quale sono collegati tutti i congegni, ma ciò non esime il concessionario, al quale, come abbiamo visto, sono state affidate le funzioni pubbliche di esercizio del gioco lecito con la conseguente raccolta di somme di denaro per conto della P.A. e al conseguente versamento di una parte delle medesime a titolo di prelievo erariale, dall’obbligo di presentazione del conto giudiziale nel quale dovrà risultare l’ammontare complessivo delle somme giocate, le vincite pagate, il prelievo unico erariale versato nonché il compenso trattenuto per l’attività svolta.
In sostanza, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa, è proprio la gestione in via esclusiva di un’attività propria del soggetto pubblico con attribuzione di poteri pubblici al concessionario ed imposizione di particolari obblighi a determinare la nascita di un soggetto che ha la disponibilità materiale di beni, materie e valori di pertinenza pubblica il quale deve rendicontare all’Amministrazione e a questa Corte il corretto utilizzo di queste risorse.
Lo stesso denaro raccolto mediante le apparecchiature collegate alla rete telematica della P.A. deve ritenersi, quindi, denaro pubblico e ciò ovviamente non tanto in ragione della sua provenienza, che è squisitamente privata, ma in forza del titolo di legittimazione alla giocata che rende lecito un gioco d’azzardo altrimenti vietato.
Ed allora se il privato deve utilizzare l’apposito canale pubblico rappresentato dalle apparecchiature elettroniche collegate alla rete telematica della Pubblica Amministrazione per effettuare la sua giocata, ne consegue che il denaro impiegato diventa denaro pubblico, soggetto alle regole pubbliche di rendicontazione e il cui maneggio genera ex se l’imprescindibile obbligo dell’agente a rendere giudiziale ragione della gestione attraverso un documento contabile che dia contezza della stessa e delle sue risultanze.
Ne consegue che è l’attuata gestione di quei beni e valori di pertinenza pubblica che astringe l’agente alla resa del conto, a prescindere dal tipo di rapporto che lo lega alla Pubblica Amministrazione che potrebbe persino mancare del tutto, e qualifica come giudiziale il conto da rendere proprio perché vi è stato un effettivo maneggio di valori che costituisce attività differenziale rispetto a quella posta in capo agli agenti amministrativi ai quali resta affidata una funzione meramente deliberatoria ed ordinatoria di spesa ( cosiddetta disponibilità giuridica di beni e di denaro pubblico).
L’attività del concessionario, quindi, al quale viene affidata dalla Pubblica Amministrazione la gestione della funzione pubblica del gioco lecito, con specifici poteri di raccolta e quindi maneggio di denaro pubblico e corrispondenti obblighi di versamento della quota parte della giocata sotto forma di prelievo unico erariale, è qualificata come attività di agente contabile e, per tale motivo, resta assoggettata alla resa del conto giudiziale ai sensi degli articoli 610 e 621 del R.D. 23 maggio 1924 n. 827.
Le suesposte argomentazioni sono state poste alla base delle recentissime ordinanze del giugno 2010 con le quali la suprema Corte di cassazione, chiamata a dirimere il regolamento preventivo di giurisdizione proposto da alcune società concessionarie della rete telematica e degli apparecchi elettronici del gioco lecito proprio con riferimento all’obbligo di resa del conto giudiziale, ha affermato la natura di agente contabile di tali società ed il conseguente obbligo di resa del conto giudiziale.
Chiarita così la natura di agente contabile della società convenuta e ribadito la sussistenza dell’obbligo di deposito dei conti giudiziali relativi a tutti gli esercizi di durata della concessione, il Collegio deve, ora, esaminare il comportamento inadempiente della società, che, dal mese di maggio 2009, risulta non aver ottemperato agli obblighi contenuti nel decreto di questa Sezione, anche se, da ultimo, ha dichiarato di aver così provveduto, depositando documentazione contabile direttamente presso la segreteria di questa Sezione.
E’ bene precisare che condizioni per l’irrogazione della sanzione pecuniaria sono, da un lato, il ritardo o l’omissione nel rendimento dei conti, dall’altro che la condotta omissiva sia connotata da dolo o colpa grave, come previsto in via generale per ogni soggetto sottoposto alla giurisdizione contabile dall’articolo 1 comma 1 della legge14 gennaio 1994 n. 20 e, quindi, anche per l’agente contabile.
Si deve evidenziare, altresì, che la fase camerale nella quale è stato adottato il decreto della Sezione giurisdizionale è caratterizzato da una cognizione sommaria e dall’assenza delle parti istante ed avversa, al termine della quale viene adottato un decreto che, non avendo contenuto decisorio, non è impugnabile ( SS.RR. Corte dei conti n. 203/1977). Con l’intimazione a rendere il conto, si chiude, quindi, una prima fase del procedimento avente una finalità istruttoria caratterizzata dalla mancanza di un effettivo contraddittorio con l’agente contabile.
Come sostenuto dalle SS.UU. della Corte di cassazione n. 456 del 1991, tale fase non è suscettibile di sfociare in una pronuncia definitiva di una parte del giudizio né tantomeno di precludere all’intimato ogni possibilità di contestare nello stesso grado del processo l’esistenza dell’obbligazione del rendiconto.
L’intimazione equivale, pertanto, ad un semplice avvertimento per il contabile che viene chiamato effettivamente nel processo per esercitare il suo diritto di difesa e non può essere sostituita, anzi assorbita, dalla citazione della Procura di cui al successivo articolo 40 del R.D. 1038/1933.
Nella fattispecie, si osserva che la società convenuta ha espressamente contestato la natura di agente contabile nella memoria di costituzione depositata in data 7 maggio 2009, chiedendo a questo Giudice esplicitamente di declinare la propria giurisdizione.
La società in questione, peraltro, si è trovata nell’identica situazione di altre nove società concessionarie della rete telematica del gioco lecito, anch’esse destinatarie di singoli decreti di fissazione del termine da parte di questa Sezione e anch’esse affermanti il difetto di giurisdizione di questa Corte.
In particolare, nel periodo fissato per il deposito dei conti giudiziali, due delle dieci società hanno proposto il regolamento preventivo di giurisdizione ex articolo 41 c.p.c., poi esitato nelle ordinanze nn. 13330 del 1 giugno 2010 e 14891 del 21 giugno 2010.
Tali evidenze oggettive smentiscono, pertanto, l’assunto della Procura regionale laddove si contesta all’agente contabile un comportamento del tutto assente ed ingiustificabile rispetto al decreto di questa Sezione che ha fissato il termine per il deposito dei conti giudiziali.
Per di più, come fatto presente nella stessa ordinanza delle SS.UU. della suprema Corte n. 14891 del 21 giugno 2010, a fronte di un provvedimento interlocutorio di portata esclusivamente istruttoria, quale il decreto di questa Corte adottato inaudita altera parte e, quindi, senza la possibilità da parte del destinatario della possibilità di contraddire ( articolo 24 costituzione), nessuna valida impugnazione era possibile esercitare, né alcuna affermazione ivi contenuta sia sulla giurisdizione sia sul merito era suscettibile di passare in giudicato se non tempestivamente impugnata.
Tutto ciò comporta che, a fronte di quell’ordine istruttorio nessun rimedio era concretamente esercitabile e, quindi, neanche l’opposizione ex articolo 51 t.u. approvato con r.d. n. 1214/34 dettato per fattispecie completamente diversa.
Ne consegue che le argomentazioni e le deduzioni di parte convenuta non potevano non essere fatte valere che nell’attuale processo instaurato dalla Procura ai sensi dell’articolo 46 del citato testo unico, la cui odierna udienza si è tenuta proprio dopo la decisione della suprema Corte che ha definito il regolamento di giurisdizione, il cui esito era da ritenere non del tutto scontato in considerazione delle conclusioni rassegnate dal Procuratore generale presso la stessa Corte che erano contrarie al riconoscimento della qualifica di agente contabile.
La condotta della società convenuta non appare, quindi, connotabile come mera ed ingiustificata omissione, ma come espressione della necessità avvertita di un previo accertamento giudiziale e nel contraddittorio delle parti sulla sussistenza dei presupposti giuridici dell’obbligo di resa del conto giudiziale.
All’indomani dell’ordinanza con la quale è stata dichiarata la giurisdizione di questa Corte, la società si è preoccupata di effettuare il deposito dei prospetti contabili in esame per cui nessun ritardo gravemente colposo può configurarsi in tale comportamento ai fini dell’irrogazione della sanzione.
Ovviamente nessuna sanzione può essere disposta da questa Corte soltanto laddove il comportamento della società onerata non sia elusivo dell’obbligo imposto: in sostanza non è sufficiente un qualsiasi deposito di documentazione da parte dell’agente contabile ad evitare la irrogazione della sanzione.
Proprio per questo motivo, la Sezione, nella precedente udienza, ha ritenuto di effettuare l’approfondimento istruttorio teso a verificare come la Pubblica Amministrazione, destinataria primaria dell’obbligazione di rendiconto, avesse ritenuto satisfattivo dell’obbligo imposto il deposito della documentazione inviata ed anche come la competente struttura di controllo interno all’Amministrazione ( ufficio del bilancio) avesse operato la prevista parifica dei prospetti inviati con le scritture contabili a sua disposizione e previa eventuali verifiche ordinarie e straordinarie sulle attività del concessionario.
L’istruttoria, quindi, ha avuto una precisa finalità che è quella di evitare comportamenti elusivi dell’obbligo imposto dalla Corte e ciò in linea con quanto prescritto dalla norma dell’articolo 46 del testo unico più volte citato.
Ovviamente in questa sede non vi può essere ingresso all’esame di merito delle poste contabili ma la verifica svolta ha necessariamente un carattere formale in linea con quanto dalla medesima Corte richiesto nei quesiti istruttori.
Dalla documentazione inviata emerge in modo palese che l’Amministrazione è rimasta soddisfatta della rendicontazione ottenuta e non ha esitato a vistare con timbro a margine e con relazione esplicativa i prospetti contabili predisposti dal concessionario. L’Amministrazione ha illustrato, altresì, le modalità con le quali vengono comunicati i dati contabili da parte del concessionario, ha dichiarato che nessuna sospensione o interruzione del flusso telematico dei dati si è mai verificata e ha fornito anche alcuni modelli cartacei dimostrativi dei monitoraggi effettuati sull’efficienza del servizio.
Diversamente la struttura di controllo interno non ha potuto fornire alcun elemento sulla congruenza dei dati esposti nei prospetti per essere stata completamente estromessa da ogni verifica e monitoraggio sull’attività svolta dal concessionario, essendosi limitata soltanto alla registrazione degli atti concessori.
Le risultanze istruttorie non hanno, quindi, offerto elementi per ritenere che il deposito dei prospetti contabili da parte della concessionaria sia stato elusivo dell’obbligo imposto con decreto della Sezione, per cui anche per questo motivo la documentazione pervenuta è sufficiente ad escludere quella colpa grave necessaria per l’irrogazione della sanzione.
Nella sede attuale, ai fini di quanto previsto dall’articolo 46 R.D. 1214/1934, nessun altro accertamento deve essere compiuto da questo Collegio ed, in particolare, non può essere compiuto alcun esame di merito delle rendicontazioni presentate, né della documentazione di supporto inviata.
Sarà, invece, cura del competente servizio di questa Sezione giurisdizionale procedere all’esame giudiziale dei prospetti inviati, dando pieno impulso e estensione a quell’esame di merito delle poste contabili che è attività precipua del giudizio di conto.
Da quanto precede consegue, infine, il non luogo a provvedere sull’istanza della Procura di formazione del conto d’ufficio, trattandosi di documentazione comunque contenente una dimostrazione descrittiva in termini numerici di atti e fatti di gestione per le entrate e le uscite correlati alla sfera di responsabilità dell’agente contabile ed approvata dall’Amministrazione.
Al rigetto integrale e nel merito della domanda attrice consegue la liquidazione delle spese di giudizio che il Collegio reputa equo calcolare nell’importo forfettario di €.1000,00
PQM
La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la regione Lazio, definitivamente pronunciando,
DICHIARA
il non luogo a provvedere sull’istanza della Procura regionale per la formazione del conto d’ufficio mentre
RESPINGE
per il resto l’istanza introduttiva del giudizio.
Liquida le spese di giudizio nell’importo forfettario di €. 1000,00.
lp/AGIMEG